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Tonino Naso Poeta da Caria
CENNI SULL’AUTORE Prima, una massa di capelli neri, corvini, folti, robusti e indisciplinati... ora, capelli rassegnatamente corti, brizzolati e ahimé diradati dalle primavere (ormai 50!)... baffi alla moschettiera... impeccabile nei suoi comportamenti accondiscendenti… spesso intraprendente... sempre disponibile: questo è Naso Antonio (Tonino affettuosamente per tutti), classe 1958, nato a Caria (VV) da Domenico, spirito creativo, estroverso e burlone, instancabile lavoratore e amante del bello (in tutte le eccezioni !) e da Floccari Caterina, donna austera e introversa, moglie fedele e madre a tempo pieno. Poeta autodidatta ed estemporaneo, scrive per lo più ispirandosi ad esperienze personali legate ai suoi affetti e alla sua terra. Nelle sue poesie racconta storie di sé, del suo stato d’animo, del suo pensiero, della sua gente, passando via via ad allargare lo spazio delle riflessioni personali. Non mancano, infatti, riferimenti anche profondi a tematiche più vaste, espressioni di un animo sensibile alle emozioni dell’essere umano. Attualmente vive a Vibo Valentia dove presta servizio presso il Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza. E’ felicemente sposato da 25 anni con la signora Di Salvo Rosa, conosciuta in quel di Palermo durante i primi anni di servizio. E’ padre affettuoso e orgoglioso di 3 figli: Caterina, Domenico e Christian. Per contatti scrivere al seguente indirizzo di posta elettronica: toninonaso@libero.it oppure presso la propria abitazione sita in Vibo Valentia: viale Affaccio, 159. |
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12. Lacrime al vento (versione lingua italiana) 18. CAMMINARE ( E poi... che cosa ? ) 19. NAVIGARE ( E poi... che cosa ? ) |
Indice: 26. UN BERSAGLIERE del 43° Battaglione |
E’ notte, alla luce di una candela scrivo. Dedico questa mia poesia, ti esalto, ti lodo, porto a conoscenza le tue bellezze, la tua storia, Caria.
Invoco lo spirito dei tuoi antenati, voglio conoscere le tue origini; la mia mente è stanca, respiro, odoro il profumo della tua natura.
Sento i tuoi campi: parlare, cantare che voce melodica! Che ritmo orchestrale! bucano il mio dolore, pedinano il buio scortano i miei passi, m’allontanano dal male.
Che ardore frenetico, desta la tua posizione sei circondata da colline ridenti meriti una cornice d’oro, un canto interminabile dolce, incantevole, romantica CARIA. |
Che tristezza famiglia mia doverti lasciare, paese mio, fuoco del misero casolare; andrò lontano in cerca di fortuna, addio Caria, addio valle bruna.
Per l’andare non conosco la mèta, forse in Francia o in America. Cercherò un lavoro per sfamare moglie e figli che sto per lasciare.
Spero di vincere la nostalgia, che mi tormenterà moglie mia; dentro quattro mura, tanta povertà c’è il nostro tesoro: la felicità.
Ora mia cara devo partire, tanto mi dispiace da morire, ti penserò, ti scriverò, non lacrimare bella, preziosa perla di mare. |
Una manciata di nostalgia rubata al tempo dall’immenso bagaglio dei ricordi, l’odore esuberante di colline incantate esalta la mia preziosa, amata terra.
All’orizzonte il rosso granato del tramonto, presenta una nuova romantica sera. Il silenzioso celeste dell’ebbrezza mattutina adorna la mia fertile terra.
Circondata dal mare re degli abissi, si sente protetta, imbattibile la mia terra, sfida il mondo alzando la bandiera tinta dai colori dell’arte pittoresca.
Ogni passante ammira le sue bellezze, la maestosità e l’ingegno prevalgono sempre, una poetica semplice e perdurante canta i tesori e la storia della mia terra. Dedico questa poesia al mio “bel paese” l’ITALIA. |
Il passero volato dal ramo lascia la terra cinguettando amaramente, parte senza conoscere la mèta e…. vola via come una cometa.
Dove andrà? Perché ci lascia un’immensa scia di tristezza e un cuore blu riempito d’un interminabile amarezza. In ricordo di: Don Salvatore Anastasio parroco di Caria (VV) dal 1965 al 3 ottobre 1973 giorno della sua morte. |
Le rotaie bagnate dalla fosforescente rugiada si presentavano alla mia mente stanca, vicino a me stava mia madre: non parlava, guardava lontano, lontano...
Straziante era l’addio ormai dato terreni arsi dal sole mi aspettavano, vicino a Lei, stava un uomo stanco, come ricordo i suoi consigli, le sue premure.
Fissavo lo sguardo, vedevo la mia casa, le pareti erano diventati una sfera magica. Mi vidi bambino, poi fanciullo, ora uomo. Oh! che nostalgia elettrizzante.
L’arrivo del treno, strappò tante lacrime, che abbracci, che voce tremula, che parole dolci, ancora davanti agli occhi stanno quelle due mani le loro dita contenevano i miei anni. Questa poesia è stata scritta il 13/06/1978, in occasione della partenza per intraprendere il servizio militare. |
L’età più attesa finalmente è arrivata, gioventù grazie di questo bel dono, felicità, gioia, tanto amore si perdono nella scia delle ore.
Il giovane è allegro; quanto mai sorridente, nel suo viso splende una luce raggiante, adorna questo giorno, figlio dell’immensità portatore di sentita felicità.
In casa si festeggia il suo compleanno, destinato a prender posto nel tempo... quant’allegria oggi in famiglia cin-cin è vuota la bottiglia.
Con gli auguri sinceri e fervidi, oggi comincia un nuovo ciclo di vita, aumentano i pensieri, crescono i desideri nel cielo volano tristezze nere. NEL FESTEGGIARE IL MIO 18° COMPLEANNO. (30/07/1976) |
L’estate è finita, finite sono pure le vacanze addio svaghi,addio danze ci si mette il vestito pesantuccio e piace a tutti restare dentro al calduccio.
Si riprende a parlar di calcio, si ritorna di nuovo a scuola, ci sono i compagni da ritrovare e i nuovi libri da sfogliare.
Si mangiano le prime castagne, si rispolverano le vecchie lavagne, con il gesso e la penna in mano dobbiamo apprendere per andar lontano. |
In un vicolo cieco sta un vecchio famelico attendendo invano la buona sorte. S’abbandona ai ricordi dell’allegria accesa è la fiamma della nostalgia.
Con speranza e ansia attende ancora un rumore di passi rompe la quiete. Morde con rabbia un tozzo di pane nero cibo abituale in quel triste mistero.
Passano le ore, più misero sarà il domani, la fame sarà ancor più cruda. Cresce la disperazione, aumenta il pianto che scivola su quel rozzo manto. |
Dedico a te, poeta di vena imperitura questa mia modesta, fragile, scrittura. Leggendo la tua vita, il tuo pensiero capisco quant’eri grande e sincero.
La tua poesia rispecchia la realtà condanna il mondo della rivalità. I tuoi scritti di maestosità sublime capeggiano il lungo convoglio delle rime.
La tua poetica raggiante di gloria perdurerà nelle epoche della storia. Anche se ora dormi un letargo abissale conserverai lo scettro d’oro della Normale.
Nel silenzio della Certosa, nel sibilo del vento, nel buio della notte figlia del tempo, nei sogni della presente realtà cruda resterai il grande vate di vena imperitura. |
Un velo di lutto, ha portato il pianto in ogni cuore ha trovato un posto, un grande personaggio ha lasciato il mondo andando a raggiungere il silenzio.
Nella penombra della tacita notte, il nero velluto affonda le radici, nei sogni assorbiti dal tempo: vedo la tua persona, sento la tua voce, ascolto le tue parole.
Purtroppo la realtà si presenta opaca, lo splendore di lontani giorni ha lasciato un’addio. Resta per sempre l’affetto portato a quel piccolo uomo dalla fantasia eccelsa.
Ogni siepe serba per sempre un fiore, il suo profumo inebria l’ aria, una scritta, due parole impresse sulla lapide, nel gelido camposanto. Dedico questa poesia con sentita commozione all’indimenticabile amico: Pugliese Pasquale. (Masciu Pascali) |
Notre passè s’est envolè qui sait où ? Dans l’abìme d’un monde inconnu, dans l’infinitè d’un ciel immense.
Combien de larmes rèpandues, versèes emportès du vent, ainsi qu’un journal. Oh! Que je regretted ce temps, ma voix c’est un plainte.
Toi, domines mes pensèes, vision deuces et celestial. Dans l’obscuritè de la nuit je tender le main comme ce jour quand meme loin.
L’espoir me redone la vie, un fil radieux de rose lumière brille. Ton fantome domine mon coeur, cent battements de coeur manifestent l’amour. |
12. Lacrime al vento (versione in lingua italiana) Il nostro passato è volato via, chissà dove ? Nell’abisso di un mondo sconosciuto, nell’infinita’ di un cielo immenso.
Quante lacrime sparse, versate portate via dal vento, come un giornale. Oh! Come io ricordo quel tempo, la mia voce è un pianto.
Tu, domini i miei pensieri visione dolce e celestiale. Nell’oscurità della notte io tendo la mano come quel giorno seppur lontano.
La speranza mi rida la vita, un filo di luce rosea brilla. Il tuo fantasma domina il mio cuore, cento palpiti manifestano l’amore. |
Mi trovavo solo, soletto al fiume, ammiravo il colore dell’acqua, mi domandavo: "E’ possibile ? Non è normale." Che tristezza... tristezza infermale.
Il mio passeggiare, il mio viso, privo d’allegria e di sorriso, rispecchiava la mia persona, triste in quell’angolo di paradiso.
Mi fermai al fresco accogliente di un abete, ero stanco ed avevo sete, ricordai quella visione e... si destò in me l’emozione.
Le palpebre degli occhi ormai stanchi, andavano chiudendosi lentamente... d’un tratto tutto diventò scuro, m’addormentai, pensando al futuro. |
Che bello scrivere dei versi, alle persone amate, ai desideri persi. Che bello leggere le tue poesie, la tua rima che segue quasi sempre una dottrina.
Tu poeta nei tuoi scritti canti il mondo unendo tutti in un vasto girotondo. Razza bianca, gialla e nera tu li unisci sotto un’unica bandiera.
Prendi lo spunto dalla vita, dal niente e continui a scrivere ininterrottamente. Vedi la natura come un grande tesoro anche se non navighi nell’oro.
Nelle tue poesie parli di vero amore come ci ha insegnato nostro Signore. Forte è quel bene che tu, esprimi anche se non raggiunge un certo fine. |
Passeggiavo silenzioso nel bosco stringevo tra le mani una piccola foto, fisso era lo sguardo su quell’immagine... assorbivo l’aroma dolce di un tempo passato.
Nel mio cuore si destò l’ansia vissuta, voltai lo sguardo, mi parve di sentire una voce ... inseguitrice dei miei passi. Tutto fu una sensazione, un attimo, un sogno.
M’appoggiai ad un albero, respirai l’aria pura, ascoltai il canto melodico degli uccelli, la mia mente fu scossa da un baleno quella foto diventò un’ossessione.
Con rabbia la strappai, l’ansia s’era calmata, la sensazione, l’attimo, il sogno, sparirono... nel mio viso tornò la quiete, la gioia accesi una sigaretta... tutto era finito. |
Una scia d’orizzonte infinita assedia la nostra tenera vita, uno sprazzo di cielo azzurro sprofonda nell’abisso sussurro.
Sussurro di voci, di canti, di fortuna la strada che porta a Te nel chiarore di luna, nel chiarore, nel buio, nel tuo sospetto ti ho amata senza darti affetto.
Ora; sono in questo solitario luogo mi sembra di bruciare in un mar di fuoco, in questa tristezza, tristezza nera piango pensandoti nella limpida sera. |
L’alba, è ora di andare il pescatore lascia la casa e va per il mare, prende due miseri pani che saranno il pranzo del domani.
Cammina sul porto, guarda il mare, incontra gli amici già pronti a salpare, pensa alla moglie ancora a letto mentre il cuore batte forte nel suo petto.
Il suo viso rispecchia la stanchezza, si continua ancora a remare. Spuntano le prime luci del giorno quando lui pensa già al suo ritorno.
La barca silenziosa solca la argentee acque, ricorda suo fratello che da allora sempre tacque. Fiducioso si affida nelle mani del Signore pregando con devozione e amore. |
18. CAMMINARE ( E poi... che cosa ? ) Camminare, guardarsi intorno, contemplare, la natura non ha limiti: carta di giornale, foglie morte e poi... che cosa ?
Aria pura, criminalità, delinquenza, palazzi, aiuole, giardini, viali alberati, piazze incantevoli e poi... che cosa ?
Fresco, cielo azzurro, tramonto velato, serate incandescenti, amori, pensieri, portici, colonne dipinte, zingari nomadi e poi... che cosa ?
Silenzio, notte, aurora, alba, nuovi giorni, caffé fumanti, traffico, via-vai, stadi al limite della capienza, asfalto rovente e poi... che cosa ? |
19. NAVIGARE ( E poi... che cosa ? ) Navigare, vedere, apprendere, conoscere, dovunque il punto non ha fine: esplorare terre lontane e poi... che cosa ?
Acqua, mari, fiumi, isole, schiuma delle onde, colore delle alghe, voli di gabbiani e poi... che cosa ?
Tempeste, venti furiosi, sole cocente, visi nuovi, colossi d’argilla, tribù indigeni, pelle abbronzata e poi... che cosa ?
Ordini, violenza, razzismo, schiavitù, lembi di paradiso, estati perenni, capelli folti, ricci, denti bianchi e poi... che cosa ? |
20. VIVERE ( E poi... che cosa ? ) Vivere, sapere, chiedere, rispondere, l’uomo è un robot di carne: poltrone vellutate, veicoli giganteschi e poi... che cosa ?
Povertà, squallore, rabbia , speranza, emigrazione continua, desideri eterni, stamberghe, suppellettili tarlati e poi... che cosa ?
Lubiam, facis, marzotto, lebole, stoffa pregiata, seta, papillons rossi, giacche di pelle, orologi d’oro, imbrogli al governo e poi... che cosa ?
Rapine, sequestri, omicidi, prostituzione, denaro sporco, felicità rubata, idilli forzati, sangue, dolori, corone per i funerali e poi... che cosa ? |
Nella notte fonda la carovana cammina la prossima meta è ancora lontana, un canto triste si perde nell’oscurità dolore e miseria cancellano la bontà.
Il buio, il silenzio, le stelle, scortano i carri logorati dalla nomade vita, la zingara dialoga con la luna compagna; in quella notte bruna.
Da un carro s’ode un fievole canto la zingara bacia la sua bimba, la morte crudele aspetta impaziente affonda le radici su quella povera gente.
Si sente la fresca ebbrezza del mattino la carovana si ferma, questa è la meta, i cuori sono pieni d’ardore infinite sono; le vie del Signore. |
La ruota del tempo percorre il cammino, attraversando abissi, eludendo gli ostacoli fisso negli occhi è il bagliore fantomatico la vita è una corsa continua.
Il traguardo è una scatola di sogni, la fantasia s’infrange nelle gesta, la realtà imbattibile amica-nemica dà il via all’esasperante battaglia.
In agguato la morte crudele attende, la sua attesa accende tanta nostalgia. L’albo dei ricordi vissuti e immaginati verrà archiviato con un sigillo nero.
Pochi sono gli sprazzi ridenti, allegri che luccicano nell’oscurità dell’infinito. Oh! La mia corsa quando finirà ? E’ questa domanda che mi incita a continuare. |
Eravamo saliti molto in alto, quattro ore di marcia, la vegetazione cambiava a vista d’occhio, ognuno di noi cammina per forza di volontà. La stanchezza affiorava, il respiro era intenso.
Lungo i sentieri a testa bassa, senza guardare la mèta, intronati come pugili dopo un’aspra lotta sul ring. Camminavamo... le pedule affondavano nell’umido terreno, l’aria pura riempiva d’ossigeno i nostri arsi polmoni.
I larici ingialliti sfidavano a testa alta il cielo, gli abeti con i rami ben disposti: scrutavano con l’occhio vigile il loro regno. Erano fieri. Un’ondata di felicita salii in alto: la gioia al punto d’arrivo.
Una breve pausa. All’occhio del poeta non sfuggì quel paesaggio genuino che madre natura creo, la sua penna scorre sulla carta bianca e le sue lodi come segno di riconoscenza nascono. Dedicata a tutti gli allievi finanzieri del 49° Corso Cevedale II°. Questa poesia e’ stata scritta nel 1979 presso la Scuola Alpina di Predazzo (TN) |
Il tuo nome giace nel regno del Tutto Sperduto, profugo ronzio del mio pianto. Invano attendo: è sceso il sipario la commedia da tempo è finita.
Le mie lacrime calde e sincere fanno velo alla follia, sfogano per attimi l’amaro dolore, sbarrata per Te è la strada del ritorno so che mi pensi: questo mi consola.
Prego con sentita commozione il Signore, le mie orazioni contengono glaciali brividi. La mia costernazione elude la fine, dalla mia piaga sgorga il sangue che mi donasti.
Nei sogni della cupa notte, Tu risorgi. Ti vedo, ti chiamo, Tu mi rispondi... Dalle vette di un monte sacro parli di giustizia, di amore, di bontà.
Nel sonno sento altri voci: sono solo voci di morte, di persone scomparse... dialogo, chiedo, cerco risposte... il mio cuore palpita, le mie mani tremano.
Le pareti coperte dalle foto dei ricordi, sono il mio ricovero in ogni istante, guardando capisco un’infinità di cose rispondo a migliaia di quesiti.
Stringo questi miei ricordi al palpitante mio cuore prego... prego invoco il Signore la certezza di vedervi ancora spezza, rimargina, la mia piaga. Dedicata ai miei cari defunti. |
Gesù, come un ladro fu condannato a morte dai soldati inchiodato in croce, su quel duro legno, patì tanto il Calvario è ancor bagnato dal suo pianto.
Lui, il re degli abissi, il Creatore eccelso pagò le ingiustizie degli uomini, raggiungendo l’ignoto mondo della verità lasciando la terra in preda alla viltà.
Gli scribi forti delle loro losche leggi emanarono una sentenza aspra, barbara, con un’atroce parola tutto fu preparato: la croce, il calvario, giudici del reato.
Un reato estraneo al padre della verità, sempre presente sulla bocca del traditore, che senza pietà, senza riflessione condannò il grande re, alla crocifissione. |
26. UN BERSAGLIERE DEL 43° BATTAGLIONE Ogni crepaccio, nel regno di quei monti è tinto ancora d’un rosso infuocato, ha visto colossi simili a bisonti rasi al suolo come un piccolo neonato.
Tutti, ci siamo battuti per dare manforte abbiamo visto colonnelli e interi squadroni, l’eco del male presentava la morte non perdonava quella gente di tante regioni.
Ancora nell’orecchio echeggia quel suono la raffica della mitraglia mi domina costantemente, lo scoppio della bomba simile ad un tuono mi tiene prigioniero, legato barbaramente.
Anch’io ho pagato il mio tributo la mia mano è rimasta li; nelle rovine, il mio occhio scuro come il velluto in guerra ha trovato la sua triste fine. Dai ricordi della prima guerra mondiale di un mio compaesano. |
Siedono su una panca un ragazzo e una vecchia stanca. Quanta tristezza in quel piccolo viso che da tempo non conosce il sorriso.
La vecchia consola l’innocente profugo nell’abisso dell’oscurità. Tende la mano tremante, lo accarezza per un po’ rompe la sua tristezza.
Povero bimbo non conosci il mondo, non hai visto nulla. Ti chiedi: Cos’è la luce ? Dov’è mio padre ? Perché nessuno mi prende da questo mondo ignoto che nulla rende. |
Sventola sull’alto monte il tricolore raccontando ai posteri la sua lunga storia, ogni paragrafo contiene dolore ogni nome sfavilla di gloria.
Una gloria dura a conquistare quanto sangue assorbito dalla terra, nelle verdeggianti colline, in riva al mare molti uomini sono morti in guerra.
Una schiera immensa per un solo ideale legata da un principio in ogni battaglia, il principio della libertà è immortale non ha paura del cannone, della mitraglia.
Dopo tante guerre, finalmente pace il bianco candido tiene in mano la vittoria, nella nuda terra ogni morto tace libertà, fraternità, amore e tanta gloria. |
L’immagine della sua bellezza si presenta ai miei occhi, pacato lo sguardo, immensa nostalgia, fremiti d’ansia sovrastano la notte, riflessi incandescenti ricoprono il fitto buio.
L’oblio sgorga nel regno della solitudine, fascino da "Miss" si cela nell’atmosfera, romantico e puro cresce il desiderio, di quel profumo esuberante e calore di donna.
Angoli gelidi, implacabili sensazioni, scortano il ricordo della sua fresca gagliardia, attorcigliata la mente, prigioniera dei ricordi... voglia inesauribile, palpiti eccelsi.
Caldi aneliti fanno velo alla follia, cuori di ghiaccio rompono i gemiti. Svanisce il ricordo nella scia del tempo ma sulle vette del mondo rimane: "LEI". Poesia scritta nel 1979 presso la Scuola Alpina di Predazzo(TN), dedicata a tutte le donne |
All’attacco soldati, urlò il capitano la nostra terra vuole l’indipendenza, orsù lanciate le bombe a mano diamo l’addio alla bruta violenza.
Tu caporale suona la tromba e voi lassù alzate la bandiera, il sibilo del cannone nella valle rimbomba avanziamo uniti, coraggio, mia amata schiera.
Addio miei soldati buona fortuna addio moglie mia, ci vedremo lassù, sgorga il sangue nella terra bruna la vittoria cancellerà la schiavitù.
Un giorno i posteri, ti contempleranno la guerra non concede perdono, solo cosi, forse capiranno il male che porta; senza un sol dono. Dai ricordi della prima guerra mondiale di un mio compaesano. |
Ricordo il tempo quanto io spensierato ritornavo a casa dai miei giochi. Le premure, le carezze che tu mi davi orgogliosa del tuo figlio.
Guardavi in lui, con ammirazione la tua opera nel dargli la vita. Ora, grande e sicuro davanti a te ti ritrovi quel pargolo giocondo.
Fiera di lui parlavi alle tue amiche raccontando le sue capacita. Una punta di nostalgia ti assaliva quando decantavi le sue doti.
Passa il tempo... quel pargolo è cresciuto terre lontane te l’hanno rapito. Leggi commossa le lettere che ti scrive e aspetti con ansia per poterlo rivedere.
Quel pargolo pensa sempre a te, parla orgoglioso ai suoi amici. Una fitta al cuore lo ferisce quando pronuncia il tuo nome. Dedicata a tutte le mamme. Questa poesia è stata scritta nel 1979 durante il corso allievi finanzieri frequentato dal sottoscritto presso la Scuola Alpina di Predazzo (TN) |
Su e giù per quelle scale sempre intento a pitturare, a cambiar tinta, a stuccare e le ore ritardano a passare.
Ecco ! Una camera è finita ora si, che rallegra la vita, bianco il tetto, le pareti turchini rubano la gioia ai bambini.
Si passa nella camera da letto dev’essere tappezzata in raso celeste, la carta con la colla già passata attende il tappezziere per essere incollata.
Dopo quattro giorni, la casa è finita due stanze, il bagno, la cucina, anche la facciata attraente e luccicante fa sfavillare l’occhio del passante. |
Il sole splende nel cielo chiaro entra luce nei miseri tuguri. Tutti s’avviano al quotidian lavoro s’accontentano di poco... poveri loro.
Nelle strade regna il sorriso un sorriso cupo e triste. In ogni angolo, in ogni via c’è fame, miseria e malinconia.
Si lavora dalla mattina alla sera senza conoscere mai una festa. Nessuno si lamenta, si obbedisce anche se tanto si patisce.
Verranno di nuovo la sera, la notte le fresche ore, il riposo. Ritornerà l’alba, risorgerà il sole donando a tutti luce e calore. |
Uomo vivente, ma da anni sepolto, sempre in tristezza, in pianto, sin dall’infanzia non hai visto lo splendore che irradia la terra, la terra del Signore.
Oltre alla vista hai perso la voce oh! Quanto è bello parlare, discutere, tu, Sabatino non sei stato fortunato la gioia di vivere è scomparsa quando sei nato.
Oh! Le tue orecchie non sentono la voce non vedi, non senti, non parli, non ti lamenti hai sempre speranza nel Signore Iddio che ti vuol bene come te lo voglio io. In ricordo di un mio conoscente di Zaccanopoli (VV). |
Ho udito il suono delle ciaramelle, la loro musica celestiale manifesta questo giorno beato da tutti gli uomini glorificato.
Dappertutto si scambiano gli auguri brilla la luce nei miseri tuguri, ognuno pensa,ognuno gioisce ma c’è chi piange e chi patisce.
Giorno di pace,romantico,allegro è nato un bambino ancor più sincero, porterà la pace in tutto il mondo unirà tutti in un vasto girotondo.
L’allegria regna nei vicoli ciechi ricordi vivi si fondono nell’immensità, un’aria di mistero domina la terra un’atmosfera sfavillante cancella la guerra. |
Quattro mura umidi e scuri, due tavole, un misero giaciglio, una rozza cavetta, un tozzo di pane che sarà il pranzo per tanti domani.
Stava in prigione da molto tempo, la sua voce era diventata lamento, il luccicare delle catene testimoniava le tristi e atroci sue pene.
Passavano i giorni, i mesi, gli anni, logorata era ormai la sua vita. Le lacrime si perdevano nel vuoto di quel mondo cupo ed ignoto.
La barba folta, lunga e nera offuscava sempre di più il suo viso, ritornava l’alba, spunta il chiarore d’un nuovo giorno del Signore. |
Non so, se provo verso di Te quei sentimenti profondi e teneri non so, se è odio o amore certo è, ti tengo rancore.
Ricordo: quella sera quando passeggiavi forse... solo lui amavi io lo rimproverai... forse ho sbagliato ma... di Te ero fortemente innamorato.
La mattina seguente, ti aspettai uscivi di casa; neanche mi guardasti ti venni incontro, ti parlai poi... poi malinconico me ne andai.
Ora; il mio cuore è triste girovagando vado in cerca di altre conquiste non posso negarlo, sento ancora tanta nostalgia ma, tu lo sai, non è stata colpa mia. |
Ricordo: quel tiepido pomeriggio quando uscivi di chiesa: ti volevo chiamare, non avevo il coraggio ricordo come se fosse adesso: era maggio.
Quanti giorni ti aspettai, vicino a casa tua... tua madre mi fissava negli occhi, nel suo sguardo docile e incoraggiante vidi la tua effige bella e luccicante.
Tutti i giorni uscivi, andavi a studiare, ti salutavo, correvo per raggiungerti poi rallentavo... non riuscivo a dirti che per Te impazzivo.
Ricordo... quel dolce, magico momento andavi da tua zia... anche tu ormai pazzamente innamorata aspettavi me, in quella felice giornata. |
Ricordo, l’infanzia nostra ormai passata svanita lentamente nel nulla, immerso nel pensiero ti vedo ancora sorridente, allegro più di allora.
La vita non ti ha dato niente, nel fior della gioventù sei sparito in un mondo gelido, senza ritorno; che dolore, che costernazione intorno.
Come potrò dimenticare la tua persona, la tua faccia ridente, allegra, e i giorni... i giorni passati insieme tra gioia, spensieratezze e... pene
Si. Mi dovrò rassegnare e l’addio ai ricordi lasciare, nel mio cuore, nella mia mente ci sei Tu, amico caro, morto ma vivente. In ricordo del mio caro amico Pino Silvio Mazzitelli. |
Nell’atmosfera romantica di una sera estiva rima poetica scolpita nei miei pensieri, io e Te, passeggiando assorbivamo un’assenza di celestiale e obliosa frequenza.
Le nostre parole mutarono l’aria, i nostri visi, i nostri sguardi, i nostri passi lasciarono le orme in quel alberato viale. Ora, la mia felicità dorme un letargo abissale.
Ancora impresse nella mia mente sono le tue indelebili parole, quando ti penso sento la tua voce un brivido profondo mi assale veloce.
Ricordo: il tuo viso brillate in quella sera mille lucciole illuminavano i tuoi occhi l’ansia dei ricordi si perde in luoghi lontani visi nuovi e fulgidi occupano il mio domani. |
E’ notte profonda, regina dell’ultimo buio, la vita logorata e stanca ora riposa. Tutto intorno tace, ovunque c’è silenzio la mente assopita nel pensiero: Sogna.
Un sogno colmo di misteriosità occupa un posto nelle tenebre della notte, un sospiro fremente desta il sussulto la parete assorbe l’alito immenso.
Sogno: Lei nel giardino dell’amore distesa, serafica, eterea che attende... tende la mano pura, come un famelico cerca qualcuno in quell’angolo solitario.
Arrivo io ansante, mi fermo a pochi passi la guardo, Lei mi guarda... due si... nella camera entra il chiarore dell’alba il giorno: è il sogno presente. |
42. QUEL FILO DI PIANTO SI SPEZZERA’ Ti do l’addio, emblema d’amore romanzo felice di un tempo passato, luce raggiante dei giorni più rosei indirizzo indimenticabile dei miei scritti.
Il mio diario contiene il tuo nome segnata è la gioia divisa, ora, sei sparita in un angolo ignoto prossima a raggiungere lo scettro d’oro.
La tua bontà, il tuo sorriso, le tue parole restano guida dei miei pensieri, eppure sei là, con le mani in croce e dormi da tempo il sonno della pace.
Lacrime calde e sincere sfociano dai miei occhi, lasciando un vuoto nella mente, un vuoto che s’ha di nero dolore e di un filo di pianto che nessuno spezzerà. Dedico questa poesia a mia madre deceduta il 31/5/1988. |
Giorni e notti sempre più nere mille pensieri devastano la mente, non lavoravo da oltre un anno mi sentivo profugo... pieno d’affanno.
Vedevo i miei figli mal vestiti quattro cenci tutti rammendati, nel loro viso splendeva una luce vivace che odorava d’amore e di pace.
Spesso non rientravo, quante notti al buio! la barba ispida cresceva ancora, sotto il chiarore della luna andavo in cerca della mia fortuna.
Una fortuna opaca colma di vergogna aumentava le mie lacrime, nessuno per consolarmi si lamentava ma io di più sentivo quella triste piaga. |
Dorme la natura... nella quiete della notte dorme l’uomo... nell’oscurità delle tenebre, un sonno profondo, placido s’infrange contro il muro del silenzio.
In queste ore silenziose, assorte nel pensiero sibila il vento nella notte buia. Quante tristezze vengono cancellate ? Quante gioie si fanno incontro ?
L’uomo, abitante antico della terra dalla caverna alla fresca realtà spesso dimentica l’essere sublime si sente grande, imbattibile, immortale.
Il silenzio desta la fantasia l’immaginazione nasce nel buio sgorgando da una fonte, sincera e cruda che loda le bellezze del Creato. |
A = Amicizia, A = Amore, volersi bene, vivere insieme, A = Arabia, terra di petrolio, A = Attività, lavoro giornaliero, A = Ammazzare, commettere pazzie, distruggere, A = America, terra della fabbrica dei sogni, A = Aurora, inizio di giornate nuove, A = Autovettura, camminare a tutta velocità, A = Abusare, fare della libertà un’arbitrio, A = Arrossire, quando la coscienza rugge, N = Nascondere, far scomparire la verità, N = Notte, sognare e cercare nel buio, N = Nazione, terra dove un popolo si sviluppa, N = Nicotina, veleno usato giornalmente, N = Nostalgia, ricordi di bei tempi, N = Nome, identità di persone, di cose, di animali, N = Nominare, mettere al governo gente ipocrita, N = Nero, colore che contiene strazio, N = Narrare, raccontando il mondo che sta andando in rovina. A. N.= ANTONIO NASO. |
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