calabria.gif (532 byte)

logo.JPG (15023 byte)

 La Centrale Elettrica della Ruffa

 >>====> Ricadi

La Centrale Elettrica della Ruffa

di Agostino Pantano

Molto famosa è la fiumara della Ruffa o del Capo Vaticano o, semplicemente del Capo, non tanto per il volume delle acque che porta al mare, quanto per l’importanza che ha avuto nella storia, nell’economia e forse anche nella civiltà degli abitanti dei luoghi che attraversa.

Essa è costituita principalmente da tre ruscelli. I primi due nascono sul Monte Poro e precisamente nei Pantani di Spilinga. Il primo è detto appunto di Spilinga perché lambisce questo paese e anticamente alimentava tre mulini ubicati proprio in quel territorio, mentre il secondo, di minore portata, volgendo verso oriente, serpeggiando sul muscoso pendio, discende a valle gradatamente e presso le Rocce di Liso si congiunge col ruscello di Passo Murato, proveniente dalla fontana che anticamente dissetava gli abitanti della Terra di Armoni. Il terzo scaturisce dal luogo detto Grotta di Favo e dai Petti dell’acqua Fredda ed un tempo muoveva sei mulini tutti nel territorio di Spilinga e della frazione Panaia. Questi tre ruscelli si uniscono, infine, nel luogo detto Vernitica e danno cosi origine alla Fiumara Vaticana o della Ruffa, vera e propria che un tempo alimentava a sua volta, altri otto mulini nel territorio del Comune di Ricadi.

Questa fiumara è facilmente raggiungibile, oltre che attraverso antichi sentieri, da una strada mulattiera, scoscesa, ripida e dissestata che partendo dal fondo della chiesa dalla frazione di Brivadi, porta direttamente, tra alberi secolari, arbusti e fiori variopinti e profumati, nell’alveo di detta fiumara dove una volta ponticello di epoca romana scavalcava il fiume e univa le due sponde.

Oggi quel ponticello è stato spazzato via dalla furia delle acque, il vecchio mulino delle famiglie Pantano, abbandonato a se stesso, è stato distrutto dall’incuria degli uomini e dalle intemperie e nei pressi esistono soltanto i ruderi del fabbricato di una vecchia centrale elettrica.

Questa centrale, costruita a cavallo degli anni 1929/1930 dall’avv. Bernardo Toraldo di Tropea, aveva lo scopo di fornire elettricità ai comuni di Spilinga, di Drapia e di Ricadi. Un ardito acquedotto in muratura, che occorreva lungo il costone della vallata, derivava a monte l’acqua della fiumara e la portava fino ad una altezza di circa 60 metri in una capiente vasca di raccolta dalla quale precipitando alimentava una turbina che produceva energia elettrica.

I lavori per la costruzione e l’adduzione dei materiali furono lunghi e faticosi, tanto che i vecchi raccontano ancora i sistemi macchinosi adoperati per portare a valle i pesanti macchinari e le attrezzature necessarie per la realizzazione dell’opera. Essi raccontano, infatti, che in pianura li trascinavano con i buoi e nelle discese li facevano scivolare su pesanti assi di legni.

Ultimati i lavori della centrale, l’avvocato Toraldo il 23 febbraio 1933 proponeva al Comune di Ricadi l’istituzione della pubblica illuminazione le capoluogo e nelle frazioni attraverso l’energia prodotta dalla centrale vaticana. In data 19 giugno 1933 con deliberazione n. 31 il podestà Gregorio Schiariti istituiva l’imposta di consumo sull’energia elettrica per l’illuminazione e di seguito, con successiva deliberazione n. 32, approvava il Regolamento per l’applicazione della stessa.

Il 15 ottobre 1933, finalmente, il Commissario Prefettizio Michele Pugliese, assistito dal Segretario Comunale Carlo Latil, con deliberazione n. 92, approvata il 25/XI/33, chiedeva ed otteneva dal Prefetto l’autorizzazione alla stipula del contratto relativo alla fornitura dell’energia elettrica  per l’illuminazione del capoluogo e delle frazioni con l’Azienda Elettrica Toraldo di Tropea.

Con tale Convenzione l’Azienda Toraldo si impegnava  a costruire, secondo le migliori norme tecniche, la rete primaria e secondaria entro un mese dall’approvazione definitiva del contratto.

L’illuminazione doveva essere assicurata da 100 lampade da 20 Watt da 50 da 30 Watt, da 50 da 50 Watt per n totale di 200 lampade per complessivi 600 Watt e per una durata media di 10 ore al giorno.

Il canone annuo ammontava a 12.800 lire e la validità del contratto era fissata in cinque anni a decorrere dal 1 gennaio 1934, rinnovabile, per tacito accordo, di cinque anni in cinque anni.

Oltre alle altre norme di rito, come l’esclusività, il concorso nelle spese, la manutenzione dell’impianto le penalità in caso d’interruzione del servizio, la soluzione di eventuali controversie ecc., nel contatto era stabilito anche che la cessione ai privati dell’energia elettrica per uso abitazione sarebbe stata concessa al prezzo di lire due al KW/h.

Queste norme, che sembravano all’inizio di secondaria importanza, acquistarono successivamente enorme valore attese le controversie insorte tra l’Amministrazione e l’Azienda. A questo punto tutto sembrava ormai pronto per dare il via alla pubblica illuminazione.

Pasquale Petracca Scaglione scriveva nel suo diario nel dicembre del 1933: “Il Segregato Latil …venne a passare con noi pochi minuti e volle rivedere le pitture in salotto, da lui tanto ammirate. Colsi l’occasione per domandargli della luce in Ricadi. Sarà, disse, per prima Natale; e meravigliandomi come ancora non vadano iniziati i lavori. Segretario, ho risposto, se quel sogno della luce s’avvera, Ricadi e frazione lo dovranno a Lei, a Lei personalmente, a prescindere di un qualunque…podestà o di “premurosi” per migliorare le condizioni d’un povero comune. Io so quello che dico, Segretario…Egli mi guardò con intelligenza e sorrise di quel suo sorriso che mette subito in evidenza il Signore avvezzo al comando che esclude le chiacchiere…”

Nel gennaio del 34 il Petracca scriveva ancora nel suo diario: “Finalmente oggi, pare che davvero quel sogno divenga realtà. La guardia municipale con altri impiegati andava disponendo i segnali, qui in piazza, dove andrebbero sistemate le lampade. In piazza ne verrebbero cinque (poche davvero) della forza di 50 candele /un totale di 250 candele); nelle altre non saprei. Mha! Anco a non essere una grande luce , sarebbe sempre luce elettrica”. Successivamente verso la fine di febbraio, il Petracca annotava ancora nel suo diario che la luce non era arrivata e amaramente aggiungeva: “e non verrà chissà quanto!”. Fino a giugno del 1934, il Petracca, demoralizzato, non parla più di luce elettrica, per cui riteniamo che sia stata inaugurata non prima della fine di quello, se non , addirittura, nel 1935.

Di certo sappiamo solo, che nella frazione di Panaia di Spilinga fu inaugurata nell’aprile del 1931 e che il primo impianto elettrico nella Chiesa di San Nicolò fu fatto il 31/01/1936 da un certo Salvatore Epifanio di Tropea.

Ma una volta entrata in funzione la centrale elettrica della fiumara della Ruffa ebbe inizio la guerra dell’acqua. Ormai se la contendevano: i mugnai per il funzionamento dei mulini; i contadini per l’irrigazione dei campi, in quanto l’acquedotto, superata la vasca di raccolta, continuava verso Torre Marino e il Campo di Tropea; delle marine del Capo, avendo gli agricoltori anche loro costruito sul lato opposto un acquedotto in terra battuta che portava l’acqua per l’irrigazione delle loro campagne, fino all’estrema punta del Capo; l’azienda Elettrica per la produzione dell’energia, venduta ai Comuni. Le liti furono lunghe e spesso violente tanto da sfociare qualche volta in veri e propri atti di sabotaggio, ora alla centrale, ora agli acquedotti.

Questa centrale fu croce e delizia per i cittadini in quanto l’energia prodotta non era sufficiente, la tensione scendeva e le lampadine spesso diventavano delle lucciole e nelle case né si vedeva né si poteva fare uso di apparecchi elettrici, di radio e da ultimo di televisori e frigoriferi. Tanto per non parlare della rete che era spesso sostenuta non dai pali ma dai fili per cui l’energia mancava ad ogni soffiare di venticello o di piccolo scorcio di pioggia. I cittadini si lamentavano e spesso maledicevano la luce elettrica, il suo proprietario e l’Amministrazione Comunale incapace di costringere l’Azienda a fornire energia adeguata e sufficiente a soddisfare le accresciute esigenze di un vivere civile e decoroso.

La sudditanza da questa situazione penosa e di enorme disagio durò fino alla fine degli anni sessanta quando all’Azienda Elettrica Toraldo subentrò l’Ente Nazionale per l'Energia Elettrica  (ENEL), che incominciò a fornire energia regolare a 160 Volt.

Si concludeva cosi, dopo quasi un trentennio, un periodo oscuro per i cittadini di Ricadi costretti spesso a pagare una energia Elettrica che non veniva fornita o, quanto meno, veniva fornita a singhiozzo e non sempre alla tensione necessaria ad alimentare l’illuminazione e gli elettrodomestici che si andavano sempre più diffondendo nelle famiglie.

Articolo pubblicato sul N° 5 Anno III di: TERRA NOSTRA periodico d'informazione dall'associazione culturale "Noi di Ricadi"

 La Mappa della fiumara Ruffa

 La vallata della fiumara della Ruffa con i ruderi della centrale

 Braccio di ferro per l'illuminazione pubblica a Brivadi

 La centrale elettrica della Ruffa

Torna Su

Home Page >>====> di

logo.JPG (15023 byte)

e-mail:  Piapia@Poro.it

Di Bella ©CopyRight 2000