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 Il Saponificio di Ricadi

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IL Saponificio di Ricadi

di Agostino Pantano

All’indomani dell’unificazione del regno d’Italia ebbe inizio una lenta ma progressiva decadenza delle industrie che esistevano nella nostra Regione.

La lontananza dei grandi mercati, la mancanza di mano d’opera qualificata, una adeguata iniziativa di rinnovamento, avevano ormai decretato la loro fine.

L’industria della seta sparsa in tutta la regione, la lavorazione fiorente del legno e del ferro battuto esistente a Serra San Bruno, la manifattura del bronzo e del rame di Dipignano, la concia del cuoio, assieme alla produzione di coperte e di tappeti damascati a Tropea, la confezione di vasi di terracotta nei centri di Squillace, di Soriano, di Seminara e di Nicatro, la preparazione di cordame di lino  di canapa, l’estrazione della liquirizia e del sale, erano state ormai soffocate da un mercato chiuso e isolato, lontano ormai dalle grandi vie di traffico nazionale e al tempo stesso incapace di esprimere una significativa domanda interna dei prodotti industriali. Anche le grandi industrie minerarie, che in età borbonica avevano prodotto una quantità rilevante di materiale ferroso tanto da consentire la nascita degli stabilimenti di Ferdinandea e di Mongiana nei quali si producevano fucili e cannoni per l’esercito, erano state ormai definitivamente chiuse e abbandonate. Tuttavia l’economia regionale non si presentava agli inizi del secolo completamente con i caratteri schiaccianti ed irreversibili della ruralità. Esisteva, infatti, un numero molto elevato di piccoli opifici familiari avviati da fabbri, calderai, tornitori, cestinai, tintori, conciai, fabbricanti di sapone, marmorai, vasai, sarti,  cretai, sediari, fabbricanti di mattoni, calzolai che operavano per soddisfare,la domanda locale ed a volte anche la richiesta di mercati più estesi che si raggiungevano attraverso la presenza nelle fiere che si svolgevano nei piccoli e grossi centri.

Fu in questo contesto che alla vigilia degli anni trenta venne costruito presso lo scalo ferroviario di Ricadi il “Saponificio Meridionale”.

Un giovane medico ricadese, il dott. Francesco De Lorenzo, consigliato forse, dall’intraprendente artigiano Pantano Agostino, che aveva l’hobby dell’industriale e gestiva già un piccolo saponificio artigianale a conduzione familiare nella frazione di San Nicolò, decise di realizzare una fabbrica di sapone a livello industriale nelle adiacenze della stazione ferroviaria. In quel tempo quel posto era già diventato un discreto centro commerciale in quanto, oltre  alle operazioni giornaliere di carico e scarico delle merci in arrivo e partenza dai due Comuni di Ricadi e Spilinga, periodicamente si teneva un mercato di bestiame molto frequentato da commercianti reggini e casentini. Vi era, inoltre, una trattoria gestita dalla famiglia Barocco la quale forniva vitto e alloggio ai forestieri di passaggio negli ampi locali, che successivamente furono venduti allo Stato e per anni occupati dalla Marina Militare, che aveva creato una dipendenza (Capo Settore) del semaforo situato sul promontorio di Capo Vaticano. Il fabbricato contiguo, quindi, alla stazione ferroviaria di Ricadi, si estendeva su un terreno di circa 1000 metri quadrati acquistano con due successive scritture private negli anno 1927 e 1928 dalla signora Mariannina Naso, erede di Naso Giovanni. Tale fabbricato era adibito per una parte alla produzione del sapone e per l’altra a deposito ed uffici. L’amministrazione era affidata ad un fratello e ad una sorella del proprietario ed in esso lavoravano, oltre ad alcuni familiari, diversi operai. Le materie prime: olio di palma, olio di cocco e seva, venivano ritirate dalla Gaslini di Genova e da altri centri, mentre le dosi necessarie per, una ottima saponificazione ed il metodo di preparazione arano affidate ad un chimico che veniva da fuori. La miscela era fusa in una grande caldaia che aveva una capacità di carico di circa 95/100 quintali per ogni fusione e veniva alimentata a legna attraverso un ampio camino. Dopo il necessario riposo, la massa saponosa veniva lasciata raffreddare negli appositi stampi da dove successivamente le lastre ottenute passavano alla tagliatrice per la riduzione in pezzi dalle dimensioni volute.

Articolo pubblicato sul N° 4 Anno III di: TERRA NOSTRA periodico d'informazione dall'associazione culturale "Noi di Ricadi"

 

 

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