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Mastro Vincenzo Carrozzo
Ultimo rappresentante del vecchio mondo zambronese
Vincenzo Carrozzo Edicolante e Custode del Sapere Nessun uomo é una monade, i sentimenti e le relazioni sociali lo rendono, infatti, il prodotto più alto e importante del Creato. Proprio per tale ragione, lo scrittore statunitense Ernest Hemingway scrisse: «Non chiedere per chi suona la campana. Essa suona per te». E le campane della chiesetta di San Carlo Borromeo, sita nel centro abitato di Zambrone, qualche giorno fa hanno suonato per tutti. Ogni comune, grande o piccolo che sia, annovera figure e personaggi che per il ruolo sociale o per il modo di interpretarlo rappresentano qualcosa di particolarmente significativo. Gesti, episodi, volti, frammenti che entrano nella vita di ciascun abitante con la straordinaria forza della discrezione. Vincenzo Carrozzo, per gli zambronesi, era certamente un rappresentante autorevole di quel mondo antico, costruito sulla sobrietà, sulla serietà e su valori profondi. Egli le campane della chiesetta locale le conosceva bene, perché per tanti anni aveva servito la comunità cristiana svolgendo con impeccabile precisione il ruolo di sagrestano. Il periodico locale, Cronache Aramonesi, tempo addietro, dedicò un articolo agli storici ministri di culto del centro tirrenico. Uno spazio era stato riservato anche all’anziano sagrestano che da qualche anno aveva abbandonato le sue funzioni per motivi di salute. «Vincenzo Carrozzo -scriveva l’autore del pezzo- con funzioni di sagrestano e braccio destro di don Giuseppe Purita, accudiva la chiesa per puro senso della religiosità e prestava la sua opera sacrificando l’attività di sarto. Sempre compunto, concentrato, in perfetta sintonia con i vari momenti della funzione, parlava poco e sempre a bassa voce. Manteneva un atteggiamento umile ma teneva sempre le spalle dritte e la testa alta scambiando cenni d’intesa con don Giuseppe di cui solo loro conoscevano il significato. Due persone perbene, che, credo, nessuno abbia mai ringraziato per quello che hanno fatto». Insomma, un vero maestro di virtù che ha fondato la sua vita su tre pilastri: lavoro, fede, famiglia. Uno dei momenti più dolorosi di ogni funerale è quello in cui si esprimono le condoglianze ai parenti. Il figlio di don Vincenzo, nel congedare un amico, ha trovato la forza di aggiungere: «E’ morto l’ultimo rappresentante del vecchio mondo zambronese». Un’affermazione triste ma appropriata per descrivere la sensazione di quanti «quel vecchio mondo» lo hanno realmente conosciuto, capito e amato. Vincenzo Carrozzo era noto in paese anche per un’altra attività: quella di edicolante. Fu il primo a Zambrone ad aprire un’edicola poi ampliata con i prodotti delle cartolibrerie. All’inizio in una piccola baracchetta, sempre pulita e ordinata, ubicata a un tiro di schioppo dalla chiesa e, poi, in strutture più moderne. Esercitata senza soluzione di continuità fino all’ultimo giorno della sua vita, essa era stata avviata nel lontano 1950. "Mastro Vincenzo", come lo chiamavano affettuosamente i compaesani, aveva organizzato nel suo locale, una triplice attività: edicola, merceria e sartoria. L’edicola, dapprincipio, vendeva un solo giornale: Il Tempo. In seguito giunsero gli altri quotidiani e periodici: Il Corriere della Sera, poi il suo supplemento La Domenica del Corriere, quindi Il Corriere dello Sport e così via. Un pezzo di Zambrone scompare, ma non per sempre. Nel tempo, rimarrà una traccia indelebile di quel mondo d’affetti costruito intorno alla sua edicola, all’attività di sagrestano, nelle figure di marito, padre e nonno. c.l.a. Tratto dal Periodico: CRONACHE ARAMONESI |
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