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 L'Arciprete Nicola Fiamingo

  >>====> Zungri 

L’Arciprete Nicola Fiamingo

"Un Sacerdote del Poro"

a cura di: Francesco Fiamingo

e della     Comunità parrocchiale di Zungri

Nato a Zungri il 21.2.1879 - morto il 27.4.1970

Ordinato Sacerdote il 18.03.1905

Arciprete nella Parrocchia di San Nicola di Zungri dal marzo 1920 a Giugno 1966

foto studio Fr. Alleva  >>====>

Indice e Struttura della Ricerca:

L’evento

La strada che porta al Camposanto, si dice comunemente, “E’ un percorso senza ritorno”; non fu così per l’arciprete Nicola Fiamingo parroco di Zungri, morto nel 1970, le cui spoglie mortali, ritornano nel Santuario  Mariano della Madonna della Neve, dove, per circa 46 anni svolse il Suo ministero sacerdotale come servo di Dio e della comunità zungrese.

La data è il 29.04.2007, sicuramente il giorno più bello dell’anno che poteva essere scelto per questo evento, in quanto è il giorno che la chiesa festeggia il “ BUON PASTORE” ed il nostro arciprete per il ruolo nell’esercizio della Sua missione sacerdotale, fu certamente, il Buon Pastore che dedicò la Sua vita al gregge parrocchiale.

Il nuovo giovane parroco, don Felice La Rosa, subito dopo il Suo insediamento alla guida della parrocchia, intuì i riferimenti di fede della popolazione zungrese nella devozione alla Madonna della Neve e nel ricordo del vecchio parroco, Nicola Fiamingo. Riuscì, nei primi due anni di sacerdozio, ad elevare a “Santuario Mariano Diocesano” la chiesa della Madonna della Neve e trasferirvi le spoglie mortali del tanto amato parroco.

La riesumazione, nel cimitero di Zungri è avvenuta il 23.07.2006 alla presenza dell’unica nipote in vita, Vittoria Fiamingo e dai pronipoti; era presente l’amministrazione comunale con il sindaco ed il vice. Numerosa è stata la presenza di cittadini della comunità zungrese. Durante la messa concelebrata, nella cappella del cimitero, dai parroci La Rosa, Pietropaolo, Massara ed altri due giovani sacerdoti, nell’Omelia è stato proprio padre Massara a ricordare la figura e rilevare i meriti  dell’arciprete Fiamingo che, nel 1942, lo aveva avviato al sacerdozio. Egli in proposito ha sottolineato: “La volontà del Signore mi ha chiamato ma, negli anni che frequentavo il ginnasio e non ero nemmeno tanto bravo, era l’arciprete che mi sosteneva moralmente e pagava la mia retta al seminario”.

Erano le 17,30 del  29.04.2007 quando il corteo con la piccola bara si è avviato dal cimitero verso il Santuario Mariano dove il vescovo della diocesi Mons. Domenico Tarcisio Cortese ha celebrato la liturgia della santa messa. Durante l’Omelia del vescovo, la figura e la missione dell’arciprete Fiamingo è stata ricordata  attraverso lettere di testimonianza di: padre Giuseppe Massara, Pasquale Mazzitelli, per anni sindaco di Zungri e giovane seminarista, del ragioniere Francesco Accoranti e di Francesco Sorrentino collaboratore dell’arciprete.

L’attuale sindaco Annunciato Mazzitelli in un breve intervento ha affiancato la figura dell’arciprete a quella del vecchio sindaco Francesco Antonio Fiamingo che, in periodi di enormi ristrettezze economiche, seppero essere figure guida e generose verso le necessità della popolazione zungrese. Alla fine della funzione la piccola bara è stata deposta nell’apposito simulacro della  restaurata cappella laterale del Sacro  Cuore di Gesù, andando ad occupare il vuoto lasciato dalla trafugazione di tele sacre di grande valore, dell’artista calabrese Mattia Preti, avvenuta nei primi anni settanta.

La bara con spoglie mortali arciprete Nicola Fiamingo

Lapide simulacro con spoglie mortali arciprete

Santuario Madonna della Neve -La Cappella del Sacro Cuore

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Il Quadro Famigliare

L’arciprete Nicola Fiamingo apparteneva a un nucleo famigliare numeroso composto di ben otto fratelli. I coniugi Fiamingo, avendo avuto solo figli maschi, aggiunsero una bambina orfana, Margherita, andata successivamente in sposa al figlio Domenico, morto nel 1917. Il padre Giuseppe Antonio, morto nel 1929, è ricordato come un uomo di statura media, la bianca barba gli scendeva sul petto, aveva un carattere forte e duro; era solito muoversi con un calesse trainato da cavalla. La mamma, Elisabetta Fiamingo, è morta giovane nel 1908.

I coniugi Fiamingo abitavano in una casa di campagna alla periferia del paese, in località indicata come “Cappuccino”, ed  in quel posto si presume sia nato l’arciprete e i Suoi fratelli. Di questi, Giovanni è morto giovanissimo, certamente prima del 1890, in quanto nell’archivio  comunale di Zungri non risulta tra i defunti. La famiglia Fiamingo, nel periodo di riferimento fine 1800 inizi novecento, era certamente una famiglia benestante; lo dimostrano la presenza di due figli avviati al sacerdozio (Giuseppe Antonio e Nicola) e la costruzione in pietra su due piani delle abitazioni degli altri fratelli, sulla strada principale del paese, Via Umberto I°, nelle vicinanze del vecchio Calvario. In una di queste abitazioni, rimasta non ristrutturata, è visibile una bella scala d’epoca ed un arco tunnel in  pietra che accede sulla strada principale. La coltivazione dei propri terreni, la raccolta delle olive, l’allevamento degli animali costituivano la fonte economica della famiglia;  in località “Limbia” viene attribuita la proprietà di una fornace “carcara” atta alla fusione della pietra calcarea e produzione di calce viva, necessaria per le costruzioni di case e pagliai. La casa dell’arciprete era localizzata a fianco della casa di S. Anna. I fratelli dell’arciprete sono ricordati nel paese con il diminuitivo dialettale dei loro nomi.

Antonio, ricordato con il nome “Ntonarehjiu” era sposato con Vittoria Limardo, con masseria in località “Valle”. Morto nel 1935, non ha avuto figli ed ha lasciato la Sua proprietà al fratello Nicola, sacerdote.

Pietro,indicato come “Petricehjiu”, sposato con Maria Rosa Crudo, possedeva la Sua masseria in località “campu” e non avendo avuto figli, lasciò i Suoi beni alla moglie, sorella di Giovanni Crudo.

Giuseppe (“Pepparehjiu”), nato il 07.09.1875, morto il 29.01.1967, sposato con Maria Rosa Crudo (1895-1975), era anche Lui un contadino, con masseria in località “mbrosi” e “ Funtanehjia”.

Francesco (“Francischehjiu), nato il 07.09.1871 - morto il 13.11.1964, anche Lui contadino, con masseria in località “Petrusi”, era sposato con una donna non originaria di Zungri, dal nome Frosolinda (1879-1933). Francesco è ricordato come un uomo alto e robusto, dai capelli folti e bianchi; portava sulle spalle un mantello nero, ( “mantellina”) aperto sul davanti.

Giuseppe Antonio, era il fratello maggiore della famiglia (1864-1938), sacerdote nella vicina frazione di Papaglionti. In merito alla figura di don Giuseppe Antonio Fiamingo, riportiamo alcune notizie, tratte da una pubblicazione del 1998 “In margine ad un recente convegno” di don Filippo Ramondino al tempo, parroco di Papaglionti (Pubblicazione ”Tropea Magazine”).

<< Don Giuseppe Antonio Fiamingo, nativo di Zungri, veniva nominato parroco di Papaglionti nel 1896, al posto del defunto Francesco De Luca di Rombiolo. Dal registro parrocchiale nell’anno 1900 viene riportato: “quantunque le mie deboli risorse non erano sufficienti mi sforzai ad ottenere la somma necessaria, onde fu costruito il soffitto che tanta decenza fece apparire nella casa di nostro Signore”.

L’otto Dicembre del 1901, con il permesso del Vescovo fece la benedizione “con ingresso trionfale” nel nuovo cimitero, accompagnato dalla confraternita del paese.

Nel 1905, la popolazione decise di costruire una nuova chiesa e nel mese di Maggio furono scavate le fondazioni che “ebbero la profondità di 12 palmi e 5 di larghezza”.

"A 25 Luglio  anno medesimo fu compiuta la fabbrica della chiesa e coperta di tegole, e per costruire la chiesa dovetti sobbarcarmi al peso di debiti pagabili da me a rate annuali... Compiuta l’opera, mi studiavo il modo come poterla abbellire, orgoglioso per aver edificato un tempio al Signore, ma i decreti divini non erano tali, tanto vero che la notte del 7 settembre del 1905, verso due ore e più di mattina, suonava l’ora fatale della sventurata Calabria, il cui flagello Divino del terremoto esaurì grandi e piccole città, facendo adeguare al suolo le migliori case come anche i tuguri del povero. Anche il nostro paese fu vittima della comune desolazione con case crollate, ma lode e gloria alla gran Madre di Dio, nostro protettore e santi nessuna vittima..."

Per la costruzione della chiesa diroccata dal terremoto insieme alla casa canonica, riferisce il parroco Ramondino, il vescovo di Mileto mons. Morabito generosamente diede lire 500 ed il parroco aggiunse altre 50 che consegnò a Serafino e Domenico Fiamingo per iniziare subito i lavori >>.

Don Giuseppe A. Fiamingo, per il periodo e luogo in cui svolse il Suo sacerdozio, era considerato “un prete di campagna”, nel senso che si occupava anche dei lavori  e degli animali della Sua masseria, in località Pagghiaruni di Papaglionti. Era nato a Zungri nel 1864, morì nel 1938. Le spoglie mortali , sono conservate nella cappella di famiglia nel cimitero di Zungri.

Casa nativa in località  "Cappuccino"

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Le Opere

L’opera più importante realizzata dall’arciprete è stata la costruzione dell’asilo parrocchiale. Sono gli anni del dopo guerra e l’arciprete anche se avanti negli anni, ha ancora energie sufficienti a portare avanti il sogno di realizzare un asilo gestito da suore alle quali affidare giornalmente i bambini della parrocchia. L’area per il fabbricato è localizzata sul terreno parrocchiale indicata al tempo come: “cacinarehji”, al disopra del vallone “mbrosi”. E’  un’area alla periferia del paese, ben ventilata con ampia veduta panoramica verso il mare. Nell’avviamento dell’opera (inizio anni 50), l’arciprete si avvalse della collaborazione, anche economica, di una suora, nativa di Zungri, (suor Maria Limardo 1905-1978) che svolse una questua, lungo i paesi rivieraschi, per realizzare lo stesso progetto.

In termini economici,  non sappiamo quantizzare il contributo, sappiamo che dopo poco tempo  dell’avviamento dei lavori, tra i due religiosi avvenne una separazione d’intenti per cui, suor Maria Limardo realizzò il suo progetto nel comune di Vibo Valentia, e l ' arciprete portò avanti e completò, con il Suo impegno economico personale, quello di Zungri. Si è trattato inizialmente di  tre sale al piano terra sopraelevato e in parallelo stanze più piccole, dormitorio e cucina con sottostante scantinato, divise da un ampio corridoio centrale interno. Attaccato a questo primo fabbricato è stato costruito un ampio salone, adibito inizialmente a sala cinema – teatro, poi aula scolastica, ed infine negli anni sessanta come sala per ricevimenti matrimoniali. Sul retro del salone, il fabbricato proseguiva con altre sale, assumendo una configurazione a C con ampio  cortile aperto. Anche queste sale furono adibite, alla fine degli anni 50,ad aule scolastiche pubbliche.

Tutto il fabbricato, con copertura in tegole, possiamo ritenere sia stato di circa 600 – 700  mq; sul retro recintato, un giardino frutteto, di circa 3000 mq, completava la struttura. L’opera edilizia è stata realizzata tutta in pietra calcarea legata da malta di sabbia e calce. La pietra è stata recuperata  nelle piccole cave nell’area agricola indicata “petrusi” e trasportata con carri agricoli. Ricordo personalmente l ’arciprete davanti alla chiesa, aspettare la sera i massari di ritorno dalla campagna, per gli ordinativi di viaggi di pietra (“carrate”) o di sabbia da prelevare a Porticehjia”.

Per la realizzazione di tutta l’opera, collaborarono i massari proprietari “du paricchiu” (coppia di buoi per il traino del carro), i mastri muratori, falegnami e manovali, che l’arciprete puntualmente si impegno a pagare. Fu così che, nel 1952, arrivarono le suore ed i bambini della mia generazione, furono i primi a frequentare l’asilo parrocchiale. Ricordo vagamente il nome di una di esse, suor Felicia che si occupava dei bambini, un’altra suora che insegnava l’arte del ricamo alle ragazze e la madre superiora con spiccato accento napoletano. Erano gli anni che all’asilo si distribuivano i formaggini della Caritas e le durissime gallette americane; arrivarono pacchi con scarpe e vestiari usati, che la madre superiora distribuiva in funzione della misura e della necessità. Per l’acqua e le pulizie, una donna (Caterina Fiamingo 1913-1989), andava avanti e indietro dalla fontana di “mbrosi”. In questa nostra ricerca, non avendo immagini del fabbricato, ci siamo dilungati in una sommaria descrizione, abbiamo ritrovato  invece, delle fotografie piene di vita, con il gruppo di ragazze che, agli inizi degli anni sessanta, guidate da suor Eleonora, frequentavano il laboratorio di ricamo.

Allieve del laboratorio di ricamo - Asilo parrocchiale primi anni '60.   Foto di Anna Fiamingo

Allieve laboratorio di ricamo - asilo parrocchiale primi anni '60. Foto di Anna Fiamingo

Le Preghiere

Novena di San Nicola di Bari - Protettore di Zungri

-  Arciprete Nicola Fiamingo

 I.

O Glorioso confessore di Cristo, lucido specchio della perfezione evangelica, San Nicola di Bari, rivolgete benigno i vostri occhi su di noi, miseri peccatori. Voi celeste Patrono

II.

O colonna granitica della Chiesa, San Nicola di Bari, Voi che distribuiste tutte le vostre ricchezze ai poverelli, e riponeste tutte le Vostre speranze in Dio, Sommo di ogni bene

III.

O sole di Mira, celeste patrono di Zungri, affrettate il giorno in cui tutti gli uomini, dall’uno all’altro polo, uniti in un solo ovile sotto un solo pastore, in una sinfonia di Paradiso, cantino l’inno di fede, della speranza e della carità, ripetendo sempre:

“Cristo vince, Cristo regna, Cristo impera per tutti i secoli e secoli”. E così sia.

Preghiera a San Nicola (Arciprete N. Fiamingo)

Siate per sempre S. Nicola di Bari, per il cumulo dei Vostri meriti  riguardare con occhio benigno tutta la S. Chiesa di Gesù Cristo, e in modo speciale questa Parrocchia di Zungri. Per la potente intercessione di questo Vostro servo fedele, spargete, o Gesù buono, su di noi, suoi devoti, tutto il tesoro delle grazie necessarie per solcare felicemente l’oceano burrascoso della vita e arrivare al porto beato della salvezza eterna.

Processione festa Madonna della Neve, guidata dall'arciprete Nicola Fiamingo anni 50

 foto studio Fr. Alleva

Novena a Maria SS. della Neve

Scritta dall’arciprete Nicola Fiamingo nel 1925

- Nota. Il testo integrale della novena è stato riportato in una precedente pubblicazione

" Il Culto della Madonna della Neve a Zungri "

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 Quanti collaborarono con l’arciprete

Sacrestani e organisti:

Antonio Crudo (1909-1978) sacrestano, organista e cantante nelle funzioni liturgiche, nipote acquisito dell’arciprete, svolse questa funzione per lunghi anni. Nell’ultimo periodo di sua presenza ha avuto l‘incarico, dall’arciprete, di istruire noi Ragazzi a suonare l’organo.

Vittorio Paolo Sorrentino (1915-1987) giovane falegname, prima delle funzioni di Sindaco e l’emigrazione in Argentina, svolse il ruolo di sacrestano.

Francesco Pietropaolo (1920-1980) abile cantante organista, collaborò per tanti anni con l’arciprete, nelle celebrazioni e funzioni liturgiche più importanti.

Francesco Limardo (mastru Franciscu 1903-1974) - Panettiere del forno a legna, calzolaio, era il sacrestano, organista-cantante e custode della chiesa di S. Anna. Fu l’ultimo dei sacrestani che collaborò con l’arciprete nella chiesa della Madonna della Neve.

Pasqualino Limardo fu Gabriele. Svolse il ruolo di sacrestano a metà degli anni 50 prima di emigrare in Argentina.

Peppino Cammareri e Francesco Cacciatore (attuale falegname) collaborarono per un breve periodo come sacrestani negli anni 50.

Pasquale Bonavota - pronipote dell’arciprete svolse per lungo periodo dalla metà anni 50, il ruolo sacrestano nella chiesa della Madonna della Neve.

Giuseppe Giordano, giovane apprendista sarto-barbiere era addetto a suonare le campane,  a mezzogiorno.

Collaborazioni femminili:

Giuseppina Acciarito (1887-1965) conosciuta come “a signorina i l’asilu”, curava l’allestimento degli altari, maestra di catechismo, conduceva canti e Rosario.

Donna Rosina Pascuzzi (1904-1973), Domenica Licastro (1904 -1960), Antonietta Pugliese (1919-1976) curavano gli altari, pulizia della chiesa, catechiste, conducevano canti rosari.

Collaborazioni maschili:

Eugenio Sorrentino (mastru Geniu) - Collaborava con l’arciprete nelle funzioni liturgiche di chiesa più importanti, preparava i santi per la processione o per l’Affrontata, la Via Crucis ed il presepio. Stessa funzione continuò a svolgere il figlio Francesco (Ciccillu), il quale era anche il barbiere dell’arciprete.

Giovanni Purita (1893-1972) conosciuto a tutti come don Giuvanni era devoto a S. Francesco di Paola; pertanto curava l’edicola in località “mbrosi” e le funzioni liturgiche in onore del Santo.

Filippo Fiamingo (1912-2006) - Suonò le campane in occasione della novena,  festa Madonna della Neve, “u Patrinostru” ogni mattina alle ore 6, fino all’età di 90 anni. Curava l’edicola  e la festa di S. Giuseppe, collaborava con l’arciprete nella formazione del comitato per la festa patronale.

Giuseppe Mazzeo e Pino Pascuzzi - realizzazione del presepio nella chiesa della Madonna della Neve.

Sicuramente, in 46 anni di sacerdozio, tante altre persone non menzionate, hanno collaborato con l’arciprete con le quali ci scusiamo per la dimenticanza.

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Il Ricordo

Le amministrazioni Comunali

L’Amministrazione Comunale di Zungri, nei primi anni 80 decise di intestare, in ricordo dell’arciprete una Via. Fu così che la strada indicata come “Ruga a Madonna” che, collega la Sua abitazione con il Santuario prese il nome di “Via Arciprete Nicola Fiamingo”.

   

Via Arciprete N. Fiamingo e Santuario Madonna della Neve.

L’attuale amministrazione con delibera del 19-02-04: “viene riconosciuta al compianto Arciprete Nicola Fiamingo rettitudine morale e cristiana, caritatevoli azioni a sostegno dei poveri bisognosi, tali da contribuire alla crescita morale e spirituale delle generazioni del suo tempo e anche a quelle di oggi”, e al tempo stesso si preconizzava in detta delibera l’esumazione dei resti mortali ed il successivo loro trasferimento nel  Santuario di  Mara SS. della Neve.

Il ricordo di Anselmo Ciluzzo

Dal libro “Dedicato a Te” di Anselmo Ciluzzo, edito dalla ”Calabria letteraria editrice”, l’autore nel racconto “Breve sosta nel passato”, riferisce dell’arciprete Fiamingo quanto segue:

…..” Ricordo quando ancora ragazzino, insieme ai miei coetanei ci alzavamo  di buon mattino per essere i primi ad indossare la lunga veste, da chierichetto, per la S. Messa. Alcune volte eravamo così numerosi, davanti alla porta della chiesa, che appena il sacrestano l’apriva, era una bella corsa fin in sacrestia per poter afferrare la veste, e tante volte facevamo a botte, che subito smettevamo quando, tra il cigolio della porta, appariva la figura del nostro Arciprete.

Soltanto il rumore dei suoi passi si sentiva nella cameretta e un gran silenzio, cominciava a togliersi il soprabito e il cappello. Il suo volto era sempre serio, ma il suo cuore era gonfio di amore verso i bisognosi. Tante volte accadeva che due giovani ”scappavano” dalle loro case, per unirsi in matrimonio, e lui insieme ai genitori li aiutava nelle prime necessità.

Ora questi problemi non ci sono più, ma oggi come ieri si sa che la bontà non si compra sulle bancarelle del mercato o della boutique. La bontà è un dono ed il nostro personaggio l’aveva. Egli attraverso questo mezzo, poté lavorare per crescita spirituale dei suoi parrocchiani, che erano duri di cervice al messaggio che manifestava attraverso la sua vita. Era considerato il papà di ogni famiglia, perché per ogni problema sapeva dare l’aiuto morale ed anche materiale. Il nostro personaggio, anche se è morto, vive nel cuore delle persone che lo hanno accettato per quello che ha potuto offrire; senza risparmiare nulla di se stesso, donando le sue sostanze per il bene della collettività”. 

Il ricordo di una bambina

Ero allora appena una bambina e trovavo sempre aperta la porta della casa dell’arciprete; la curiosità mi fece salire i pochi gradini della scala interna e ritrovarmi nel silenzio di una stanza. Oltrepassai tante altre volte quella porta, senza aver paura, sentivo il cigolio delle scarpe dell’arciprete che si avvicinava, mi sorrideva, mi chiamava per nome, mi accarezzava, poi si stendeva in alto e dalla vetrina prelevava un confetto che subito mettevo in bocca, avviandomi verso l’uscita, non prima di rivoltarmi indietro e vedere il Suo volto felice che mi seguiva”.

Abitazione arciprete "vico S. Anna"

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La Testimonianza

Abitavo e sono cresciuto a poche decine di metri  dalla chiesa, ed attraverso i ricordi di quel periodo, ho scritto alcuni brevi e semplici racconti che hanno come sfondo la figura dell’arciprete e l’ambiente in cui si svolgeva il Suo mandato pastorale.

Siamo agli inizi degli anni 50 e nel racconto “Chierichetti al mare”, sono riportati gli allestimenti del carro agricolo che, l’arciprete appaltava per portare i ragazzi della Sua Parrocchia al mare nella vicina Briatico. Doveva essere un carro nuovo e trainato dai buoi. Il rapporto affettivo con i ragazzi, per Lui che in apparenza dava l’impressione del duro che ti guarda con sospetto e malizia, è evidenziato nel racconto “A barritta du sacristanu”. Si tratta  di una burla fatta dai ragazzi, che seguivano le funzioni religiose ai danni del sacrestano. All’uscita della chiesa, nell’aprire l’ampio ombrello, vede cadere il Suo berretto tra le mani dell’arciprete il quale, con il sorriso tra le labbra e tanta ironia esclama: “E Franciscu, Franciscu, stai diventando vecchiu puru tu, e non ti ricordi  ‘cchiù,  duvi dassi i cosi “.

Un’altra immagine ricordata da tutti , è evidenziata nel racconto :

" A sirata du Vatticimu " ( serata dell’Epifania)

“ L’arciprete si era disposto in piedi sull’altare, sorreggendosi con una lunga canna piantata sul pavimento. Teneva la testa appoggiata su un lato e di tanto in tanto, qualche ripetuto sbadiglio s’intonava con la ninna nanna dell’organista; l’atteggiamento sembrava essere, quello  di un uomo che sta per addormentarsi. Egli, invece teneva sott’occhio, l’evolversi della funzione e quando iniziavano a confluire  le donne verso l’altare, si veniva a creare un groviglio di “maccaturi“ bianchi e “randehji” neri, un ”lapunaru” di voci, con intasamento completo. A questo punto, come di solito, entrava in azione l’arciprete con la sua lunga canna, distribuendo colpi in testa, a tutte le donne raggiungibili, utilizzando parole di richiamo come: “testi i lignu, testi i lignu”, ovvero teste di legno , giacché non riuscivano mai a confluire all’altare in modo ordinato. Tuttavia, l’arciprete era sempre ben voluto dai suoi parrocchiani e per questo, anche gesti e parole inusuali gli erano perdonati ed entravano a far parte di una paterna consuetudine”.

In un altro racconto “La visita del vescovo”, siamo nel 1957, il vescovo della Diocesi Mons. Vincenzo De Chiara amministra la cresima nella nostra parrocchia e l’arciprete, oltre ad organizzare la funzione religiosa, deve ospitare a pranzo la delegazione diocesana. Per l’occasione, intende fare bella figura con gli ospiti a tavola ed invita il suo intimo amico, il dottore Francesco Mazzitelli, il nipote maestro Giuseppe Scalamandrè, il pronipote Bernardo Crudo. L’arciprete aveva dato mandato ad alcuni suoi fidati parrocchiani di preparare il pranzo e non aveva badato a spese per comprare roba di prima qualità. La sorpresa l’ebbero proprio questi ultimi, i quali, per addobbare una tavola per otto persone, all’ultimo momento, si sono dovuti rivolgere ad altre famiglie vicine, che  generosamente diedero in prestito il necessario.

L’arciprete del resto era abituato  a pranzare da solo e conduceva un tenore di vita molto modesto, ben lontano dalle appariscenze, nonostante avesse di Suo consistenti beni. Le risorse economiche disponibili, li impegnava per i bisogni della collettività; si preoccupava di distribuire alle famiglie perfino i frutti di cachi, (in quel periodo frutto molto raro), prodotti nell’orto della chiesa. Tanti ragazzi furono avviati da Lui al seminario e molti di loro non divennero sacerdoti, ma non ritornarono neanche al duro lavoro dei campi; tanti altri su Sua sollecitazione e pressione sulle famiglie furono avviati agli studi.

Nella sacrestia  lasciava  sempre appese delle riviste, in modo da stimolare la curiosità e la lettura; ricordo in proposito la rivista “Vita”, che dietro abbonamento, puntualmente, ogni mese era disponibile, attaccata ad una parete.

Amava e comprendeva le mamme di famiglia con le quali confidenzialmente in occasione delle feste si faceva scappare qualche frase quale: “I festi su tempesti”. In questo, non si riferiva alla festività religiosa, ma ai bisogni e sacrifici a cui una povera mamma si doveva sottoporre in quelle determinate ricorrenze. Si vedeva poco per le vie del paese, osservava dalla sua finestra i passanti e spesso qualcuno era invitato a salire in casa. La porta della Sua casa, di giorno era sempre aperta, disponibile a tutti, e la sera anche sul tardi, al suo tavolo si trattava di concordia, amicizia tra le famiglie, di conforto ed amore caritatevole.

Nel concludere facciamo riferimento  a quanto esposto nel tema iniziale.

Si dice comunemente: “il tempo passa ed inesauribilmente porta via tutto”.

Non fu così per l’arciprete Nicola Fiamingo, per il quale nella comunità zungrese, è rimasto sempre vivo il ricordo per quello che nella Sua missione pastorale ha saputo fare e dare di Sé.

Francesco Fiamingo

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Riferimenti bibliografici:

-         Archivio comunale  Zungri

-         Sistema bibliotecario Vibonese

-         Sito Web "Tropea Magazine"

-         Dedicato a Te di Anselmo Ciluzzo.

-         "Il Bollettino Parrocchiale" della Parrocchia S. Nicola di Zungri V.V.

Si ringraziano le persone anziane della comunità di Zungri per la loro fattiva e cortese collaborazione.

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