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 Le " Vecchie Masserie " del Poro

 Convegno

L'Edilizia Rurale del Poro - Sabato 22 Ottobre 2011  Ore 17,00

  Circolo di RICADI

  Circolo di VIBO

Il convegno

L’Identità del Poro negli Edifici Rurali da recuperare e valorizzare

Zungri - Lo scorso sabato la sala consiliare ha ospitato il convegno dal titolo: “L’edilizia rurale del Poro”, organizzato da Legambiente-Calabria.Incluso in un progetto di sedici iniziative organizzate dall’associazione ambientalista e orientate alla valorizzazione delle risorse regionali, l’appuntamento è stato moderato da Franco Saragò, responsabile provinciale di Legambiente e componente della sua segreteria regionale, che nell’introduzione ai lavori ha dichiarato:

  • «Occorre censire i casolari rurali nell’area del Poro per impedire una loro definitiva e irreversibile cancellazione dall’urbanistica dei luoghi. Sarà poi necessario approntare un loro puntuale piano di recupero».

A fare gli onori di casa, il sindaco Franco Galati, il quale ha evidenziato la necessità di

  • «realizzare interventi conformi all’edilizia rurale storicamente esistente nell’altopiano del Poro».

Per Nuccio Barillà componente della direzione regionale di Legambiente

  • «il recupero dell’edilizia locale sarebbe una dichiarazione d’amore per il comprensorio»

e può essere portato avanti, almeno secondo Antonio Fiasché, responsabile dell’Agenzia del territorio per la provincia di Vibo Valentia

  • «mediante il recupero completo delle antiche costruzioni, occorre coinvolgere i proprietari».

Per Domenico Petrolo, presidente provinciale della Confederazione Italiana degli agricoltori

  • «gli edifici rurali costituiscono l’elemento identificativo del territorio. Essi rappresentano autentiche risorse attrattive suscettive di urgente valorizzazione».

Articolata e approfondita la disamina della tematica operata dal professore Rosario Chimirri, docente di Storia dell’architettura presso l’Unical. Il docente ha indicato l’origine di tale architettura e le devastazioni compiute in epoca recente dalla mano umana. Infine, ha suggerito l’immediato recupero di tali casolari

  • «se si perde la propria architettura si smarrisce l’identità».

È stata poi la volta di Antonio Varrà, laureatosi all’Unical con una tesi dal titolo “Ecoturismo “in breste” fra borghi e architetture di terra a Zambrone e nel Poro” dal quale è arrivato l’invito a

  • «concentrare l’attenzione sul valore intrinseco delle risorse naturali rispondendo a una filosofia più biocentrica che antropocentrica».

Il presidente provinciale dell’ordine degli architetti ha invece dato risalto a un dato tutt’altro che positivo

  • «la Calabria - ha affermato - è la regione che nella sua storia recente più di tutte le altre ha utilizzato il proprio suolo a fini edificatori. Ora bisogna porsi il problema di una riqualificazione che deve iniziare proprio dalla salvaguardia delle strutture rurali».

Con lui Filippo Mobrici, vicepresidente dell’Ordine degli ingegneri di Vibo Valentia il quale ha aggiunto che

  • «occorre riformare la normativa rendendola adeguata alle esigenze di tutela e salvaguardia dei luoghi».

L’assessore provinciale all’Agricoltura, Armando Crupi ha proposto

  • «una politica di defiscalizzazione per il recupero e il mantenimento delle antiche strutture ubicate nell’area di Monte Poro».

Di taglio politico gli interventi dei due consiglieri regionali presenti all’iniziativa, Gaetano Bruni e Alfonso Grillo, ai quali ha fatto seguito Sandro Polci, presidente del Comitato scientifico di Legambiente, convinto che

  • «il recupero dell’edilizia del Poro può rappresentare una valida alternativa economica alle forme classiche di turismo conosciute nella limitrofa Costa degli dei».

Infine, Franco Barbalace, sindaco di Spilinga e coordinatore del Pisl per il distretto rurale Monte Poro-Serre Vibonesi, ha elaborato una proposta concreta:

  • «La creazione di un polo fieristico da realizzarsi mediante il recupero dell’edilizia rurale esistente».

Al termine dei lavori, Franco Falcone, direttore regionale di Legambiente ha consegnato una targa al sindaco di Zungri, Franco Galati, come attestato di stima e gratitudine per la collaborazione all’organizzazione della manifestazione.

Corrado L’Andolina - Pubblicato su Calabria Ora il 25 ottobre 2011, p. 35

Il Convegno

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Zungri - Municipio  "Sala Consiliare"

Saluti    FRANCO GALATI    Sindaco di Zungri

Coordina FRANCO SARAGO’   Segreteria Reg. Legambiente Calabria

Interverranno:

  • ROSARIO CHIMIRRI        Docente UNICAL

  • ANTONIO VARRA’          Dottore in Scienze Turistiche

  • I SINDACI                  Del Comprensorio del Poro

  • I PRESIDENTI               Degli ordini professionali della Provincia di Vibo Valentia

  • Le Associazioni Agricole:    CIA - COLDIRETTI - CONFAGRICOLTURA - COPAGRI

  • FRANCESCO DE NISI       Presidente Amm.ne Provinciale di Vibo V.

  • OTTAVIO BRUNI            Consigliere Regionale

  • ALFONSINO GRILLO        Consigliere Regionale

  • Conclude SANDRO POLCI    Presidente Comitato Scientifico Legambiente

  • CIRCOLO Legambiente di     RICADI

  • CIRCOLO Legambiente di     VIBO

Viaggio attraverso le Vecchie Masserie del territorio del Poro

di Francesco Fiamingo

Percorrendo le strade interpoderali del territorio del Poro, ti trovi a scorgere spesso sulle adiacenze delle stesse, costruzioni rurali di vecchia manifattura abbandonate a se stesse e talvolta ricoperte di rovi o piante di sambuco.

Queste costruzioni, oggi degradate e distribuite su un territorio rigoglioso e pianeggiante, hanno rappresentato in un passato recente, il punto di riferimento attorno al quale si è insediata l’economia agricola locale. Per definizione sono indicate con il termine di "pagghiaru" o "masserie"; sono costruite generalmente con materiali calcarei presenti sul territorio, seguendo tecniche di lavorazione consolidate nelle attività delle maestranze locali.

La pietra calcarea è disposta con maestria, "a faccia vista", legata da una malta di sabbia e calce idrata, priva quindi di qualsiasi intonaco esterno. Spesso nelle costruzioni di maggior pregio, e attribuite a grossi proprietari, la muratura in pietra s’interseca con strati laterizi di recupero o con pietre granitiche di piccole dimensioni.

Dal punto di vista geometrico assumono la forma rettangolare, con base di larghezza circa sei sette metri, mentre la lunghezza può raggiungere dodici quattordici. L’altezza esterna delle pareti non supera i tre metri, mentre all’interno, nella parte centrale si hanno circa cinque metri disponibili. Il tetto è coperto di tegole sovrapposte "cannali" e "coppu" di colore beige; si regge su una struttura di legno, fatta di travi poggianti sul lato corto della muratura e collegati in obliquo a forma di triangolo isoscele. Essa è rinforzata con dei collegamenti, a forma di rombo, tra le due travi oblique e quella centrale, struttura che  nella letteratura locale, prende il nome di "monaco".

La singola campata così costituita, ripetuta per quattro, cinque volte sulla lunghezza del fabbricato, è definita "forficu". Le travi di collegamento  orizzontale sul "forficu" prendono la definizione di "fileri", mentre le aste oblique su cui poggiano le tegole, sono indicate come "ciauruni".

Il legname utilizzato è rigorosamente castagno stagionato e tagliato "a tempu dovutu" (giusto tempo). Nelle adiacenze del pagliaio, un rustico di forma circolare indica la presenza di un pozzo artesiano, con una profondità di circa 15-20 metri. L’acqua  è prelevata con un sistema di carrucola e un secchio metallico. Nelle località aride, prive d’acque sorgive, i pluviali laterali del pagliaio sono collegati a un contenitore seminterrato indicato come "cisterna". L’acqua piovana recuperata è utilizzata per abbeverare gli animali. Come locazione, la costruzione presenta la porta principale disposta verso levante; lateralmente, nord-ovest, una seconda porta, si affaccia sull’aia in terra battuta e facilita lo stoccaggio dei foraggi all’interno.

La dislocazione dell’aia sul lato nord-ovest è fondamentale  per la ventilazione delle derrate agricole. Sugli altri tre lati, a prosecuzione del rustico principale, possono trovarsi ambienti aggiuntivi definiti "pinnate". Questi locali sono adibiti per la locazione degli animali (mucche, vitelli, asini, maiali, capre, pecore) o per la conservazione d’attrezzature (aratri, carro, erpice, frangizolle).

Sulla parete esposta sull’aia, sono incavate una o più nicchie, le quali, per la loro forma potrebbero apparire come possibili altarini per i santi. In effetti, hanno una funzione pratica ben definita, porre il lume a petrolio sull’aia, qualora le lavorazioni si protraggono nelle ore notturne, mentre di giorno, per mantenerli in lontananza dagli animali, vi si appoggia la brocca con l’acqua, o il cesto con i cibi.

Lungo le pareti del rustico, si possono trovare pietre sporgenti forate; servono come punto d’ancoraggio per legare gli animali, mentre in alto, sul frontale d’ingresso, fori di forma triangolare o circolare costituiscono l’ingresso per i piccioni all’interno del pagliaio.  Spesso al posto tetto, sulla parte anteriore, si ha un piano rialzato con l’accesso tramite una scala esterna in muratura. Questa struttura rialzata normalmente è indicata come "casino", ed utilizzata dal contadino come temporaneo alloggio notturno di brevi periodi.

Nelle costruzioni patronali di maggiori dimensioni, si può trovare anche una scala interna che collega la stalla con il piano rialzato. All’interno del pagliaio, sulle travi del "forficu", per utilizzare al meglio lo spazio, è predisposto un soppalco, dove è stoccato il fieno; questa struttura è definita "menzaninu". All’interno di alcune di queste strutture, è localizzato anche il "parmento"; si tratta di una vasca rettangolare in muratura dalla capacità di mille-duemila litri, atta alla pigiatura e fermentazione dell’uva. In queste costruzioni e intorno a loro, intere generazioni si sono succedute negli anni, con l’umile e faticoso lavoro della terra e l’allevamento degli animali, sono vissute e hanno costruito, per le generazioni successive, prospettive sempre migliori.

Oggi, i tempi e le necessitudini economiche  sono cambiate, il piccolo pagliaio, l’appezzamento di terreno, le mucche, l’asino, il maiale, il pollaio, non sono più sufficienti al sostentamento economico necessario. Lo spopolamento e la fuga, sono state la logica conseguenza. Tutto questo può sembrare la fine di un territorio, invece può essere un periodo di transizione, di passaggio. L’esigenza del mercato ortofrutticolo ed il valore in termini economici di questi prodotti, l’adattamento e fertilità del territorio, il collegamento con le aree  limitrofe, a forte vocazione turistica, possono diventare una garanzia di ricchezza futura. Scomparso il vecchio massaro, il mito del trasferimento altrove, l’illusione della grande azienda industriale, del posto pubblico fisso a tutti i costi, si rende necessario osservare, utilizzare e sfruttare la ricchezza che il territorio può offrire.

Francesco Fiamingo - Marzo 2009

Prodotto dal

"Circolo Culturale Primavera"

curato da Francesco Fiamingo

Le Vecchie Masserie del Poro

Carro agricolo del Poro

"Forficu" -Struttura in legno del tetto

"Menzaninu"

Soppalco interno per lo stoccaggio del fieno

 Particolari sulla parete nord ovest

Pagliaio - Parete lato nord ovest

Pozzi artesiani - intorno la masseria

Pozzi artesiani - intorno alle masseria

Le coltivazioni ortofrutticole - "Cipolla, peperoncino, broccoli, fagioli cannellini"

Le coltivazioni ortofrutticole "cipolla, peperoncino, Broccoli, fagioli cannellini"

Le coltivazioni ortofrutticole "cipolla, Peperoncino, broccoli, fagioli cannellini"

Vecchie Masserie sul territorio del Poro

Le coltivazioni ortofrutticole "cipolla, peperoncino, broccoli, Fagioli Cannellini"

Vecchie Masserie sul territorio del Poro

Vecchie Masserie sul territorio del Poro

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