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 Tracce di: Antonio Romano

 

di Rosalba Romano

>>===> Brattirò

" un'intera Vita dedicata a una Grande Famiglia"

di Rosalba Romano

- Cosmo Romano -  Ultimo dei figli di Antonio nel suo Agriturismo a Brattirò

La Famiglia Romano

di Rosalba Romano

Ogni famiglia ha una storia che lascia una traccia nella memoria di un paese.

Nella vita di un uomo si possono scoprire tanti valori e molti principi che lo rendono un esempio per molti: figli e nipoti.

La figura di Romano Antonio ancora aleggia in quelle terre che, come un eroe, conquistò con fatica e sudore. Il potere risiede nelle mani e nel cuore dell’uomo e Antonio Romano seppe, con questi stessi strumenti, creare qualcosa di grande dal nulla.

  L'America

Antonio Romano nacque a Brattirò nel 1898, da Giuseppe e Rosa Rombolà. A 15 anni partì per gli Stati Uniti, insieme ad altri giovani, tutti capitanati da Rombolà Francesco (detto Cireo), spinto dalla speranza di tenere tra le sue mani qualcosa che fosse solo un suo frutto e da lì iniziò ad imparare il suo primo mestiere: spalatore di carbone nelle gelide e pericolose miniere.

A quei tempi si viveva di quello che si riusciva a trovare ed Antonio era nato da una famiglia povera, senza terra e animali. La fame è il primo istinto naturale che spinge a cercare uno strumento per la sopravvivenza.

 La Guerra

A 18 anni fu chiamato in guerra e, come in tutte le guerre, i suoi occhi si fecero carico di tutte quelle atrocità che la violenza porta; ricevette la medaglia di ”Cavaliere di Vittorio Veneto”.

 Il Matrimonio

Finito il militare, acconsentì ad un matrimonio combinato (a dubbrera). Antonio e sua sorella Marianna presero in sposi due fratelli, Marianna e Pasquale Schiariti. Allora era normale prendere qualcuno in matrimonio senza conoscerne la persona. Erano matrimoni di interesse. La povera Marianna però fu sfortunata perché il marito Pasquale la lasciò la prima notte d’amore…e come dicono gli antichi ” non ebbero il tempo nemmeno di consumare” che il marito fuggì per l’America. Antonio non perdonò mai a Pasquale questo tradimento perché lui dovette tenere in moglie Marianna, della quale non era innamorato. A quei tempi, l’amore era solo rispetto.

  I Figli e ”Carvunara”

Diede al mondo la prima figlia: Rosa. Subito ripartì per l’America, New York. Andò a lavorare in miniera, scavava tra il pericolo di essere sotterrato dalla montagna e la dura fatica fisica. Con le sue mani spalava carbone e con il suo cuore andava sempre più avanti nella convinzione di ottenere quel famoso frutto: la terra. La storia di un uomo è sempre legata alla terra ed Antonio lavorava per dare pane ai suoi figli e per comprare dei territori; il guadagno del suo sudore lo metteva nelle mani di quella moglie non voluta ma stimata. Mandava tutto il suo guadagno in Italia e la consorte doveva provvedere a mandare avanti la casa. Ogni tre anni ritornava in Italia e man mano che passava il tempo cresceva la famiglia e aumentavano i suoi possedimenti. Con quelle sue mani e con il rischio di rimanerci secco, sotto quella montagna, quell’uomo riuscì a costruirsi una casa e a comprare dei terreni: la famosa ”Carvunara”, o la zona di “Frizzi” e altre. Dal niente creò un tesoro, oggi quelle terre sono il riflesso delle sue mani.

Antonio Romano era una figura alta e robusta, creò la sua fortuna spalando carbone. Verso la fine degli anni 30 ritornò per sempre in Italia. Già nei primi anni 40 aveva dato al mondo 8 figli: Rosa, Anna, Domenica, Ida, Giuseppe, Francesco, Cosmina e Cosmo (in onore di San Cosma). Negli anni 40 la donna era colei che si occupava dell’educazione dei figli e l’uomo era colui che si occupava di sfamare quelle bocche e per farlo doveva lavorare con le mani, doveva creare ciò che non aveva, non aveva il tempo di guardare le sue creature negli occhi perché c’erano i campi da curare, l’unica fonte di vita. Antonio era dedito alle terre, l’unica cosa che sapeva fare era zappare e curare il suo frutto, non che mancasse nell’essere anche padre. 

Grazie a quelle miniere americane e alle sue mani era riuscito a dare vita a una delle famiglie più agiate di Brattirò. Stare bene significava avere una casa con due camere ed un bagno, un po’ di grano e il minimo necessario per non morire di fame, un uovo di allora era come una frittura mista di pesce di oggi, una gallina di allora era come un’aragosta di oggi.

 L'Onestà

Bisogna sottolineare la personalità di Antonio: uomo onesto e generoso. Non si tirava indietro di fronte alla richiesta di un prestito (danaro o grano), andava incontro al bisogno di chi non possedeva niente, chi ha avuto niente riesce ad entrare nel persona di chi non ha, chi ha provato la fame riesce a capire la fame di chi la sta patendo.

 La sua onestà andava oltre ogni altro difetto. C’è un episodio che ne testimonia questa qualità: quando era in miniera ricevette la busta paga con il doppio del guadagno spettato, Antonio si rivolse al suo datore di lavoro segnalandone l’errore, il datore disse ”Antonio tieni questi soldi, ormai i conti sono fatti e poi tu hai 8 bocche da sfamare”, ma lui rispose ”Per i miei figli voglio pane sudato e non pane avvelenato, questo denaro non è mio”; chi avrebbe dato via ciò che non gli spettava, ciò che non veniva dalle proprie mani, in quei tempi di fame? 

 La Moglie

Maria, donna piccola e minuta ma con un cuore grande muore di dolore nel 1963 a 60 anni. Muore mentre stava accudendo la figlia Rosa che soffriva di emorragia, dopo aver dato alla luce l’ultimo dei 4 figli. Maria muore davanti al dolore della figlia. Muore facendo ciò che aveva fatto da quando diede al mondo quegli 8 figli. Non è mai stata l’ombra del marito ma insieme a lui erano una sola forza. Piccola e minuta ma una grande madre, lei ancora vive negli occhi dei suoi figli. 

La Vecchiaia

Antonio ormai si apprestava a vivere la sua vecchiaia, i figli erano grandi si erano già sposati, la sua vita era fatta di terra e nipoti. Passava le sue giornate tra i campi e i suoi successori. Antonio faceva ciò che non aveva fatto con i suoi eredi, quand’era giovane non aveva avuto il tempo di giocare e di guardare le sue creature ora invece che si era fatto vecchio, ora che aveva fatto il suo dovere, poteva guardare i suoi nipoti. Li cresceva…li amava. Antonio ha amato la sua terra fino alla morte e durante la sua malattia diceva ”A Carvunara non posso andare più e muoio”. Dopo pochi giorni il suo cuore si fermò lasciando una traccia indelebile nei ricordi dei suoi familiari.

   I Nipoti

La sua più grande conquista non fu solo quella di riuscire ad avere dei possedimenti ma ancora più grande fu quella di avere ancora oggi dei cuori che lo custodiscono dentro. Oggi io ho 27 anni e mi ritrovo con un futuro incerto ma ho una sola ed unica certezza “Carvunara”. Quella terra tanto amata e sudata da mio nonno e poi passata  nelle mani di mio padre e forse passerà a me ed io la darò ai miei figli. In quella terra c’è ancora adesso la fatica di mio nonno, c’è ancora quel grande sacrificio che lui ha fatto. Vedo la miniera, vedo lui a New York, vedo la sua grande forza ed il suo sacrificio: lasciare il posto in cui era nato sospinto dalla necessità di sfamarsi. Quanta gente, come lui, è stata costretta a lasciare il proprio paese!! E’ un enorme peso interiore, emigrare, aver necessità di abbandonare le proprie origini, le proprie terre...e con esse i 1000 ricordi, per il bisogno di sfamarsi. Ma tra tutti i sacrifici ogni emigrato ha la dignità e il rispetto di mantenere vive le proprie origini, tutti gli emigrati brattiroesi portano nella loro anima un pezzo della Brattirò con le sue tradizioni e le sue memorie. E’ la memoria delle persone che mantiene viva una terra.

 Rosalba Romano

“a mio nonno e a tutti gli emigrati brattiroesi”

 Agosto 2002

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