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Annarita Castellani >>====> Sua Pagina Presentazione del Libro: Dalla Cipolla alla 'Nduja: Arte in cucina Se è vero che la cultura comprende anche le tradizioni, gli usi ed i costumi dei popoli, se è vero che la cucina è un’arte, abbiamo la riprova di tutto ciò nel presente volume. E’ un libro particolare perchè contiene ricette della tradizione calabrese, raccolte da una giovane autrice, che, nel timore di veder perduti i sapori che lei stessa ha provato da bambina, ha voluto raccoglierli per conservarli e tramandarli ai suoi conterranei, ma anche ai suoi coetanei. Annarita ha voluto fare un viaggio appassionato e tenace a ritroso nel tempo alla scoperta di materie prime genuine, sapori, aromi e profumi che oggi vanno scomparendo, e che fra qualche anno rimpiangeremo; ha realizzato l’opera con estrema precisione, scegliendo con oculatezza le ricette, attenendosi alla tradizione e soprattutto valorizzando le materie prime "povere" e facilmente reperibili nelle nostre zone. Nient’altro. Nessun tentativo di interpretare in "chiave moderna", come oggi fanno in molti, la nostra cucina tradizionale. Il turismo di massa, nella Costa degli Dei, ha portato ad un appiattimento dell’offerta gastronomica, con relativa perdita di modi, tempi ed occasioni di dedicarsi alla nobile arte della cucina. In quest’epoca di spersonalizzazione dei sapori attraverso la globalizzazione, l’autrice intende andare controcorrente, recuperando ed immortalando usi culinari e fragranze che sono parte integrante del nostro patrimonio socio-culturale e che non devono andare perduti. Annarita fissa sulla carta la passione per la cucina e l’amore per la sua terra, recuperando ciò che sin da bambina le è stato tramandato in casa. Da questi sentimenti viene fuori un libro semplice, sincero e genuino, com’era esattamente la cucina dei nostri nonni. Passione certo, ma anche competenza tecnica, che porta la nostra scrittrice alla ricerca meticolosa e puntuale di ricette realizzate con i prodotti provenienti al nostro mare e dalla nostra terra. Da Monte Poro a Ricadi, da Tropea alle colline del comune di Drapia, via via fino a sconfinare in altri angoli della tradizione gastronomica calabrese. Non solo la cipolla, il peperoncino, la ‘Nduja, il pomodoro, il tonno, i peperoni, ma anche la liquirizia, le clementine ed altro ancora. La competenza tecnica traspare dalla precisione con cui gli ingredienti vengono dosati e la procedura descritta, ogni piatto che si realizza ha una sua “personalità”, un suo modo di essere che riflette sicuramente il carattere passionale dell’autrice. E’ un volume completo che in oltre cento ricette, dagli antipasti ai liquori, fa assaporare alle nuove generazioni ciò che per i nostri nonni era cibo quotidiano, frutto di conoscenze che si sono tramandate di padre in figlio per decenni. Anche dal punto di vista della ricerca storica il libro non conosce approssimazioni: ogni piatto viene preparato con ingredienti da sempre esistiti dalle nostre parti, senza alcun tentativo di manipolazione o aggiornamento. E per concludere, visto che anche l’occhio vuole la sua parte, la curiosità del lettore verrà appagata grazie ad un’ampia rassegna fotografica (curata dalla stessa autrice) in grado di illustrare anche le note cromatiche delle pietanze preparate, con lo scopo di rendere ancora più vive le ricette e la voglia di assaporarle. Saverio Ciccarelli - Direttore del mensile "LA PIAZZA" |
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Calabria Positiva, un volume per capire la nostra regione Sono 176 pagine piene piene di una Calabria tutta positiva quelle scritte da Saverio Ciccarelli, avvocato tropeano, tra l'altro socio fondatore dell'Accademia degli Affaticati di Tropea, giornalista e ricercatore attento. Il volume, dal titolo "Calabria Positiva", edito da Meligrana Giuseppe Editore di Tropea, con la presentazione del giornalista Pantaleone Sergi e una nota critica di Annarita Castellani, è dedicato ai tanti calabresi sparsi per il mondo perché, ovunque si trovino, siano sempre orgogliosi delle loro origini e facciano qualcosa di buono per la nostra terra. Malgrado questa dedica il libro nelle sue pagine non contiene un briciolo di retorica. E' un volume interessante e da leggere prima di rispondere alla domanda: Riuscirà la Calabria a vincere le sfide che i processi di modernizzazione e di globalizzazione stanno imponendo a tutte le regioni della Terra ? Oppure è destinata a rimanere la stessa regione con tutti i problemi e contraddizioni che la distinguono ? Sono 176 pagine che rispondono a questo quesito e raccontano di una regione difficile ma sempre fonte di grandi potenzialità. Nel raccontare, l'autore si sofferma sulle differenze dei Calabresi di dentro e i calabresi di fuori, cercando sempre e ovunque l'essenza delle cose che compongono la Calabria, un prepotente bisogno di sapere da dove viene questa terra e, prima di tutto, che futuro avrà. Per fare questo Ciccarelli parte da molto lontano, dalla natura, dal fuoco, inteso come calore e terra liquefatta, dall'acqua del mare, dei laghi, dei fiumi e delle fiumare calabresi, traccia la terra con le sue miniere, l'aria della Calabria, poi passa alle bellezze della natura, la flora e la fauna di questa regione del Sud Italia. Il terzo capitolo del volume è dedicato alla ricchissima storia calabrese, ai tanti ritrovamenti archeologici ed al patrimonio storico con musei di ogni tipo ricchi anche di tante curiosità, seguono le tematiche relative alle minoranze etniche, la religione, la massoneria, la criminalità, i personaggi illustri calabresi, i viaggiatori stranieri, visitatori di ieri e di oggi che sono arrivati da tutto il mondo per conoscere, capire e descrivere agli altri la nostra terra. La produzione agroalimentare con l'agricoltura occupa il capitolo seguente con tematiche che riguardano i tanti prodotti tipici e il rito della mattanza dei tonni. Nel quinto capitolo Saverio Ciccarelli tratta le imprese con uno sguardo da vero economista con la produzione industriale, quella artigianale, e poi ancora i trasporti in Calabria con gli aeroporti di Lamezia Terme, Reggio Calabria e Crotone, le strade, la fin troppo famosa autostrada A3, le ferrovie e i porti. Il sistema di descrizione e analisi regionale si completa con le banche, il turismo, la sanità, il lavoro, l'emigrazione e l'immigrazione. Nel nono capitolo, infine, viene affrontato il tema del territorio con le varie differenziate aree rurali, quelle metropolitane e le varie eccellenze. Franco Vallone Saverio Ciccarelli - Calabria Positiva Meligrana Giuseppe Editore, Tropea, 2010 - € 11,00 |
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Francesco Arcella >>====> Sua Pagina
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Raccolta di Poesie di Rosetta Pontoriero - Sua Pagina Rosetta nasce il 2 luglio del 1964 a Vibo Valentia. Risiede a Spilinga, piccolo comune del vibonese. Insegnante di scuola elementare, coltiva da anni la passione per le tradizioni antiche e per la poesia in vernacolo. Dall'amore per la sua Calabria, nasce l'esigenza di pubblicare i suoi versi: questa, la sua prima raccolta. |
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ARTICOLO DEL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA di Mario Vallone Sabato 17 aprile 2010, alle ore 18.30, presso la Scuola Elementare di Caria (VV) si è tenuta la presentazione del libro "La nostra regina" di Francesco Pugliese, M.G.E. Presentato ufficialmente al pubblico il volume di Francesco Pugliese, intitolato "La nostra Regina Maria SS del Carmelo", testo incentrato sul culto della comunità cariese verso la Vergine Maria e sulle tradizioni popolari ad esso collegate. L’incontro, molto partecipato, è stata promosso dalla Pro Loco e si è tenuto presso il salone della scuola elementare della frazione Caria. Ha introdotto e moderato i lavori il presidente del sodalizio drapiese Matteo Aiello. Dopo il saluto del sindaco di Drapia Alessandro Porcelli, il microfono è passato ai tre sacerdoti del comune: Don Antonio Gennaro, Don Sergio Meligrana e Don Giuseppe Furchì. I tre prelati, in particolare i primi due, hanno relazionato sugli aspetti rilevanti della tradizione religiosa riconducibili alla figura della Vergine del Carmelo. E’ stata quindi la volta della giornalista Tania Ruffa, la quale ha incentrato il suo intervento sul testo di Pugliese lasciandosi a volte trasportare dalla commozione data la sacralità e particolarità dell’argomento. Michele Celano, il quale condivide con Francesco Pugliese la stessa passione per la poesia in vernacolo, ha poi letto dei versi in dialetto e a seguire il Prof. Pasquale De Luca, Presidente del Premio di Poesia "Tropea: Onde Mediterranee", ha speso parole di elogio per Pugliese e per il suo libro. Presente anche l’intero gruppo della Compagnia Teatrale Cariese, della quale Francesco Pugliese fa parte. Romana Naso, Presidente del sodalizio di attori, ha fatto omaggio a Pugliese leggendo alcuni suoi versi dedicati proprio alla Madonna. E’ inoltre intervenuto l’editore Giuseppe Meligrana e, per ultimo, l’autore.
Il lavoro di ricerca Pugliese lo ha portato avanti con tanta devozione, dopo aver ascoltato la narrazione delle persone anziane di Caria, che l’autore ha ringraziato pubblicamente, ricordando anche quelle che non ci sono più. Lo stesso Francesco ha sottolineato che, oltre al grande aspetto religioso, il sedici luglio (giorno della festa della Madonna), è un grande momento di aggregazione e deve essere rispettato e tramandato. Il culto di Caria per la sua Patrona, come narrato nel libro, risale al 1894. Il cariese Giuseppe Pugliese, assieme ad altri suoi compaesani, stava facendo ritorno dall’America dove si era recato alla ricerca di lavoro. Durante questo lungo viaggio una tempesta colpì la nave e, in preda allo sgomento e alla disperazione, Pugliese invocò la protezione della Madonna del Carmelo (da qui "Stella del Mare") promettendo di erigerle un’edicola votiva al suo ritorno in Calabria. Improvvisamente la tempesta si placò e si gridò al miracolo. I protagonisti di quell’episodio interpretarono quanto accaduto come un segnale di benevolenza della Vergine nei confronti di tutta la comunità cariese. Da quel momento Giuseppe Pugliese si impegnò costantemente per la costruzione della chiesa dedicata alla Madonna e per omaggiare la Madonna, in particolare tramite l’organizzazione della festa che da allora si tiene ogni anno a Caria a metà luglio. Nel libro del giovane Francesco Pugliese sono raccontate tutte queste vicende, arricchite da approfondimenti e dettagli. Nel corso della presentazione si è parlato anche del triste avvenimento che ha segnato profondamente l’esistenza del giovane scrittore e che probabilmente è alla base della sua devozione per la Vergine. Quando era ragazzino una donna del suo paese morì a causa di una caduta mentre aggiustava dei fiori sull’altare della Madonna. Francesco era presente quel giorno in chiesa con lei e da allora decise di non mettervi più piede fino a quando gli venne in sogno la stessa signora di Caria la quale gli disse di non avere paura e tornare a frequentare la chiesa. Su questo avvenimento Francesco ha anche scritto alcuni versi intitolati "Rosso sangue", poesia letta dall’amica Tania Ruffa. Il ricavato della vendita del libro, che è possibile acquistare sul sito www.meligranaeditore.it, sarà destinato, per espressa volontà dell’autore, alla ristrutturazione della chiesa di Caria. Articolo di Mario Vallone |
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Altri libri pubblicati sulle vicende religiose a Caria |
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Zambrone tra Fede e Vicende Religiose Corrado L’Andolina presenta la sua opera ZAMBRONE C’era tanta gente, domenica sera, alla presentazione del libro dell’avvocato L’Andolina dal titolo “Vicende religiose di Zambrone – 1725-1912 esegesi degli atti sulle visite pastorali”. La palestra della scuola media, concessa per l’occasione dall’Istituto comprensivo di Briatico e trasformata in sala conferenze dai membri del Centro studi umanistici e scientifici Aramoni, era gremita in ogni ordine di posto. Al centro del dibattito, animato anche dalla partecipazione di attenti uditori presenti in sala, il nuovo volumetto scritto da Corrado Antonio L’Andolina edito dall’associazione culturale aramonese. Nel grazioso centro collinare della Costa degli dei non si ricorda a memoria d’uomo una serata come questa. Sarà forse perché il libro in questione è praticamente la prima pubblicazione, realizzata con metodo scientifico, a trattare questioni inerenti la storia di Zambrone. Anche per questo, molti amanti di studi storico-religiosi sono accorsi dai paesi limitrofi e da altre zone del vibonese per l’occasione. Il compito di introdurre e coordinare gli interventi dei relatori è stato affidato al giornalista e saggista Salvatore Berlingieri. Dopo aver introdotto gli ospiti e raccolto il ringraziamento dell’Amministrazione comunale, portato dall’assessore Pasquale Purita, il moderatore ha dato la parola al preside Rocco Carmelo Cantafio, che ha aperto la serie di interventi focalizzando l’attenzione dei presenti su di uno degli argomenti chiave trattati lungo le pagine del libro: «il pathos che permea, oggi come allora, i cittadini di Zambrone nel loro rapporto con la vita, il lavoro, la fede». L’argomento introdotto da Cantafio è stato più volte ripreso da altri relatori. Lo stesso L’Andolina, nel raccontare ai suoi concittadini le tappe affrontate per realizzare questo suo lavoro, ha voluto sottolineare quanto fossero importanti nelle comunità religiose di Zambrone e delle sue frazioni sentimenti quali la passione, il logos e il pathos, e quanto lo siano ancor oggi. E sarà stata certo una gran soddisfazione, per l’autore aramonese, vedere la sua comunità riunita attorno a lui per «riscoprire se stessi attraverso la storia», un’esigenza questa dello spirito che si trasforma in un «primo passo utile a superare l'impedimento rappresentato dall’aridità dei cuori, dilagante nella nostra società» e che spesso ne minaccia la crescita. L’Andolina ha ricordato le persone scomparse nel mese di febbraio, come l’amico Aldo Ferraro, 32enne morto per un tragico incidente sul lavoro e ha preso spunto da tale ricordo per sottolineare come l’immagine dell’amico fosse collegata, in alcuni suoi frammenti, alla festività patronale in devozione di San Carlo Borromeo: esempio di come le “Vicende religiose” incrociano quelle umane, le intersecano e, in qualche modo, incidono sulle dinamiche sociali e culturali di una comunità. Padre Trifone Labellarte, parroco di Zambrone, ha posto l’accento sulla profondità con cui i nostri avi vivevano il momento religioso. Congreghe, altari, devozioni, erano occasioni di incontro tra la gente ed espressione di un vissuto della fede religiosa quanto mai intensa. Il parroco di Daffinà e Daffinacello Don Nicola Beraradi ha sottolineato l’importanza dei culti, rilevando che il recupero di almeno uno di essi, come ad esempio quello di Sant’Antonio, sarebbe un modo originale per rendere omaggio alla nostra storia religiosa. Il sacerdote di San Giovanni Don Pasquale Sposaro ha ampiamente trattato il ruolo delle congreghe nel tempo, elencando quelle esistenti in loco e nella diocesi di Tropea. Del libro ha fornito un’analisi attenta Don Giuseppe Blasi, il quale ha contribuito alla sua realizzazione traducendo per l’autore le fonti latine e gli atti relativi alle visite pastorali presenti negli archivi della chiesa. Il sacerdote pargheliese ha da un lato esplicitato le sue sensazioni nel tradurre i documenti ecclesiastici, che lo hanno indotto a riflettere su una chiesa che aveva una visione organica della vita e della fede; dall’altro ha sottolineato l’importanza dei documenti, testimonianza di una fede vissuta senza banalizzazioni. Riprendendo poi alcune parole dello studioso locale Salvatore L’Andolina, presenti nella postfazione del libro, ha sottolineato come «il testo non rappresenti il prodotto di un semplice orgoglio campanilistico, ma voglia essere una testimonianza storica capace di offrire al pubblico una serie di elementi che aiutano a comprendere l'anima del popolo e recuperarne l’identità». Tali considerazioni, in estrema sintesi, sono state sottolineate anche nell'intervento del direttore del Museo diocesano di Tropea don Ignazio Toraldo di Francia, che ha il merito di aver spalancato a L’Andolina le porte degli archivi ecclesiastici. La riflessione sul pathos che ha aperto la serata è stata ripresa anche da don Toraldo di Francia, che ha riconosciuto come dalle pagine del libro emerga «un elemento lungo l’arco di quasi due secoli, e non è la fede, ma il grande sentimento religioso che accomuna la gente di Zambrone». Il direttore del diocesano ha terminato il suo intervento auspicando «che attraverso lo studio in archivio tante altre storie locali come questa possano essere riscoperte», poiché, purtroppo, «molto spesso non è attraverso questo tipo di indagine che si arriva a formulare ipotesi storiche e trattare argomenti riguardanti luoghi e personaggi». Prima di invitare i convenuti a rifocillarsi con un ricco buffet offerto dall'associazione, Salvatore Berlingieri ha affidato le conclusioni a don Filippo Ramondino, cancelliere del Vescovo, il quale, oltre ad aver riconosciuto come centrale «il ruolo del Santissimo Sacramento nell’ambito delle visite pastorali», dopo aver tessuto le lodi di questa importante iniziativa culturale ed aver ribadito come essa sia «la prima in assoluto per il territorio di Zambrone, condotta con passione, puntualità metodologica, effettuata con rigore storico e piglio giornalistico», ha invitato la platea a riappropriarsi di quel «sentimento di identità culturale che è l’anima della comunità». Il valore di questo lavoro, minuzioso e paziente, non è certo dovuto agli innumerevoli dati in esso riportati, o al semplice fatto di esser stato realizzato da un uomo per puro atto d’amore verso la propria terra. No, il valore insito in “Vicende religiose di Zambrone” sta nel fatto che una piccola parte del patrimonio culturale di una comunità è stato reso fruibile a tutti, volutamente scritto con una lingua semplice e diretta. Grazie a questo lavoro ogni cittadino di Zambrone potrà infatti portare a casa un pezzetto della storia del proprio paese. La speranza è che quel pathos di cui si è tanto discusso e che ha fatto un pò da fil rouge lungo le pagine del libro, e che si è davvero respirato in mezzo alla gente presente domenica, sia recepito e fatto proprio anche da chi avrà l'opportunità di incentivare altre dieci, cento iniziative del Centro studi Aramoni. Francesco Barritta Pubblicato su Calabria Ora il 3 marzo 2010, p. 36 |
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" Frammenti di Vita " Poesie di Carmela Cocciolo Il prossimo 12 dicembre 2009, presso la Sala delle Laudi del Vescovato di Mileto, si terrà la presentazione del volume di Carmela Cocciolo dal titolo "Frammenti di vita". Il fermarsi ad ascoltare le parole degli altri, l'osservare la natura ed i piccoli-grandi protagonisti, gli uomini, che credono, illudendosi, di poter cambiare il corso della loro vita senza l’aiuto quotidiano di Dio; sono, questi, gli argomenti del volume postumo di poesie di Carmela Cocciolo, pubblicato dalle Edizioni Ursini di Catanzaro. Per la poetessa, scrivere è stata durante la sua esistenza quasi una necessità vitale e quotidiana. Stimolata com’era a captare, con grande sensibilità, ogni più piccola pulsione, interna ed esterna, ha composto versi che il silenzio le ha consegnato. Nata a San Calogero, in provincia di Vibo Valentia l’8 giugno del 1927 e scomparsa a Paravati nel gennaio del 2006, Cocciolo ebbe in vita una forte passione per la poesia; passione che, malgrado la poetessa abbia frequentato solo la scuola elementare, si è trasformata in vera e propria attività creatrice. La Cocciolo ha infatti pubblicando ben due raccolte, la prima nel 1994 dal titolo "Parole allineate" e la seconda nel 2000 con il titolo "Parole e sogni", edite con una bella veste tipografica dallo stesso editore Ursini. "La sua poesia – scrive oggi il figlio della Cocciolo, Angelo Varone - è soprattutto intrisa di sprazzi di vita vissuta e, comunque, sempre arricchita con delicatezza dai suoi genuini sentimenti. Parlando della famiglia amava definirla una ricchezza. Schietta e diretta nel comunicare non amava le mezze misure”. "Una poesia - sottolinea nella prefazione il noto critico letterario Fulvio Castellani - che "crea sensazioni, che fa riflettere, che spinge a dialogare con noi stessi, per quanto semplice essa possa essere, merita di essere letta ed ascoltata, in silenzio". È quanto si può dire della poesia di Carmela Cocciolo, una donna che con i versi ha inteso trasferire agli altri quell’io gioioso che è stato in lei. Ed è stata una gioia, la sua, che si è sostanziata usando parole che si intersecavano sul filo di una rima spontanea e di un giro di assonanze che danno veramente il senso del finito e dell’infinito al tempo stesso”. Nel volume, appena pubblicato, oltre alle sue poesie troviamo filastrocche e quadretti dalla singolare compostezza espressiva, ci imbattiamo con i suoi paesaggi dell’anima che trasmigrano in direzione di un dopo che diventa assai spesso sogno, irrealtà agognata ed a tratti acquisita. Cocciolo ha usato il grimaldello dell’amore per esprimere le proprie ricchezze interiori, quel festante connubio tra generosa intuizione emotiva e saggezza. Poesia semplice, ma altrettanto musicale, ritmica, sinuosa. Ed è stata questa la sua forza. «Io le spine le prendo piano e qualcuna mi punge la mano», aveva scritto, tra l’altro, la poetessa di Paravati, quasi a voler rimarcare, con la sua consueta grafia legata ad una saggezza, che la vita va vissuta fino in fondo. Franco Vallone |
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TROPEA, orme medievali Segni templari tra storia e leggenda I fraterni legami con l’autore consiglierebbero di astenermi da considerazioni e commenti sulle sue ricerche ed in specie sul suo ultimo lavoro "Tropea, orme medievali – Segni templari tra storia e leggenda", edito da Giuseppe Meligrana Editore. La consapevolezza, però, di essere in presenza di uno studioso dal bagaglio culturale notevole e dalla ritrosia disarmante, che rifugge sistematicamente la platea, mi inducono a rompere ogni indugio ed abbandonare quella cautela d’obbligo in questi casi. Le osservazioni, poi, di amici competenti e sinceri, che hanno letto il lavoro trovandolo di interesse eccezionale, sorprendente per Tropea, hanno confermato quanto gli scritti di Luciano Del Vecchio costituiscono ormai un riferimento essenziale per chiunque voglia penetrare ed approfondire la storia di una città contrassegnata da una civiltà irripetibile. Luciano Del Vecchio sa magistralmente scavare nelle profondità di tenebre inaccessibili e sa ascoltare le voci più flebili che provengono dalla storia tropeana. Analizza, sminuzza e riesce a far emergere suoni, odori e sapori, per riproporli come patrimonio della collettività. In questo testo Tropea riprende a raccontare la sua "storia vera". Si ripensa, si descrive, rivive soprattutto nel campo sociale e civile. Il libro apre una parte dell’anima nascosta del luogo Tropea, arricchendone la specificità e l’unicità. La via che viene percorsa è una via impervia "dentro le sabbie mobili della storia tropeana" come dichiara l’autore nella nota di presentazione. Il viaggio si compone di 5 capitoli:
Le conclusioni, intellettualmente stimolanti, ci aiutano a comprendere quanto sia importante abbandonare antichi stereotipi, Ci sono altri parametri, altri luoghi nascosti, altre risorse, altri valori, che vanno indagati e che possono aiutarci a crescere come territorio e comunità. "Tropea, orme medievali" risponde ad una domanda vera di identità e conoscenza, alla scoperta di un’altra storia, di un’altra civiltà. Luciano Del Vecchio naviga nel cuore di Tropea, in acque alte e profonde, ama i fondali, la superficie non lo stimola, e racconta una storia ricca di suggestioni senza abbandonare il classico rigore che lo contraddistingue. E’ un richiamo ai caratteri originari di Tropea, invitata a liberarsi dai pesi di una rappresentazione non sempre consona al suo passato. Un plauso al giovane editore Giuseppe Meligrana che, con competenza ed intelligente coraggio, con Luciano Del Vecchio continua la sua scommessa tesa a ravvivare i fasti di una terra non sempre interessata e spesso ostile. Alfonso Del Vecchio |
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Il Caso dell’abate Pasquale Sorrentino di Ernesto Pugliese Sua Pagina IL PLAUSO DI ZUNGRI AL LIBRO DI PUGLIESE Nell’antica Grecia l’eroe non combatte per se stesso, ma per gli altri; gli eroi sono coloro che cercano di migliorare la vita, per dirla con i versi di Omero: «come le generazioni dei fogli, le vite degli uomini mortali, ora il vento li sparge per terra, ora i legnami i nuovi germogli e ancora... come un generazione viene a vita, butta via gli altri dadi». Lo scorso martedì, nella sala consiliare multimediale del Comune di Zungri è stato presentato il libro: "Il caso dell’abate Sorrentino" scritto dall’avvocato Ernesto Pugliese. L’autore, originario di Zungri ha trascorso nel piccolo centro sito alle pendici del Poro una parte significativa della sua esistenza. Non è casuale, quindi, che riposta la toga nell’armadio, abbia deciso di concentrare le sue ricerche su un episodio di cui ha avuto continue ma frammentate notizie sin dalla tenera età. Lo stesso scrittore ha rivelato: «Da piccolo, in paese, più sentivo parlare di questa triste e cruenta vicenda e più aumentava nel mio animo la sete di conoscenza». E’ proprio il caso di dire che un avvocato, quanto meno nel modo di ragionare e di rapportarsi con la realtà (anche quella storica) non va mai in pensione. L’accoglienza che gli zungresi hanno riservato all’illustre cittadino è stata davvero calorosa, degna della migliore cultura meridionale. L’autore ha ripristinato la verità su un fatto che, ormai affidato alle secche della storia, invocava giustizia. Tale impegno nasce dalla consapevolezza che non può esserci nessun «miglioramento della vita» se non si sconfiggono ingiustizia, calunnia e menzogne. Un modus operandi, tipico dell’eroe classico che per sua stessa definizione non passa mai di moda. A rendere gli onori di casa, il sindaco Francesco Galati il quale ha messo in evidenza l’attualità del testo in alcuni temi di fondo che segnano la storia oggetto del saggio: «gogna mediatica, accanimento giustizialista, complotto politico, ieri come oggi avvelenano la vita sociopolitica e ostacolano il trionfo della giustizia». A seguire, l’intervento di Filippo Ramondino, direttore dell’Archivio storico diocesano che ha curato l’introduzione del testo, il quale ha sottolineato la necessità di: «eliminare tutte le forme di violenza del passato». Puntuale e articolata, la sua analisi rivolta al ruolo dei preti nella società e nella storia, specie con riferimento al contesto in cui maturò l’efferato delitto in questione. Dal canto suo, il professore Ilvo Santoni, curatore della stesura definitiva del testo ha posto l’accento su un aspetto nodale della trama: «Don Pasquale si é posto il problema della legalità, fatto che fu all’origine della sua triste ed ingiusta sorte». Insomma, certe storie, nel profondo Sud sembrano sempre le stesse e sono, in ogni contesto storico, drammaticamente presenti. Nel testo di Pugliese sono raccontate tutte le vicende connesse all’omicidio del sindaco di Zungri, Gasparri Consalvo, avvenuto il 26 luglio 1891. Del fatto vennero accusate e condannate quattro persone, Francesco Sorrentino, Giuseppe Sorrentino, Antonio Cristofalo e il sacerdote Pasquale Sorrentino, ex sindaco (e rivale politico di Gasparri Consalvo) insegnante, esattore e guida spirituale degli zungresi. Lo scrittore indaga in profondità sull’humus culturale e sociale in cui maturò l’uccisione del sindaco in carica. Svela gli intrighi e le malefatte dei maggiorenti locali dell’epoca con meticolosa precisione. Con arguzia forense e pazienza certosina, infine, analizza le carte processuali. Il verdetto è chiaro e incontrovertibile, per usare il gergo forense: «assolutamente fondato, in fatto e in diritto». L’abate Pasquale Sorrentino e gli altri tre condannati, furono vittime di un complotto ordito sulla base di molteplici interessi (non solo economici) prima e di una sentenza arbitraria ed errata, poi. La difesa magistrale, coerente e disinteressata dell’avvocato Ernesto Pugliese ha fatto luce su un episodio di odio, cospirazione e malagiustizia, ripristinando la verità storica e processuale. Sia pure a distanza di oltre un secolo, si può finalmente affermare: Giustizia è fatta ! Corrado L’Andolina |
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Il nuovo libro di M. Antonietta Artesi - Sua Pagina "Più si riesce a guardare indietro, più avanti si riuscirà a vedere" Winston Churchill " La Terra nel Cuore" 180 pagine; l'editore è M.G.E. Un libro con cui l'autrice, nata nel comprensorio di Capo Vaticano e poi emigrata giovanissima Firenze dove fa la giornalista con interessi prevalenti nel settore economico e psicologico della comunicazione, compie un viaggio verso le origini. Un viaggio intenso e coinvolgente attraverso il quale Maria Antonietta, una ragazza che gronda di bellezza greca, con struggente nostalgia, racconta gli anni della sua giovinezza, andando alla ricerca dell'identità trascinando un affascinante e tenero "come eravamo" in un angolo della Calabria, quello appunto del meraviglioso promontorio di Capo Vaticano. "Ho dentro di me la luce di quel paesaggio mediterraneo, e negli occhi i suoi ulivi ondeggianti al vento, le canne sempre verdi, il giallo dei limoni, la preponderanza di quella distesa azzurra" così scrive l'autrice. Il libro è anche un itinerario di colore-folklore, di memorie e di pensieri individuali, ma inevitabilmente anche collettivi, poichè in fondo, tutti abbiamo "La terra nel cuore", la nostra terra. La Terra Nel Cuore - Intervista a Maria Antonietta Artesi La Terra Nel Cuore - Presentazione del libro Breve prefazione (di Santo Versace): Sono un ragazzo di Calabria e dalla Calabria non son mai andato via. Mai con il cuore, mai con la mente. Dinnanzi ai miei occhi il mare dello Stretto. A volte limpido, immobile, trasparente, quieto. A volte increspato, buio, agitato contro i lembi di una terra così offesa, quasi a volerla scuotere. Quasi a volerla ammonire severamente. Onde di scapaccioni. Perché la natura con la Calabria è stata generosa e amorevole. Chilometri di incontaminate coste dallo Ionio al Tirreno, incantevoli montagne dall’Aspromonte alla Sila. Patrimoni inestimabili e vilipesi dalla noncuranza. E che hanno ingenerato in me il convincimento di tornare in politica dopo quarant’anni. Per tutelare, per dar voce a quella terra da dove non sono mai partito. Da dove mi sono spostato soltanto con il corpo. Rivendicandone con orgoglio l’appartenenza, in ogni angolo del mondo. Noi ragazzi calabresi sappiamo che abbandonare la Calabria è impossibile. Il distacco fisico non può dirsi addio. Piuttosto un arrivederci pieno di speranza. Il legame con le radici non si spezza. Resta un vincolo imprescindibile. La terra nel cuore, il libro di M. Antonietta Artesi, mi ha riportato indietro a ritroso nel tempo in un piccolo viaggio della memoria. La nostra cultura mediterranea, le tradizioni conterranee, il sapore delle pietanze familiari, il profumo del gelsomino.
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"Alla scoperta dei dintorni di Tropea" Il nuovo lavoro di Marcello Macrì. Una originalissima guida escursionistica per la provincia di Vibo Valentia Si intitola "Alla scoperta dei dintorni di Tropea – Percorsi tra il Poro e la Costa degli Dei” il secondo libro del giovane autore tropeano Marcello Macrì, editore Meligrana. Il libro, reperibile in tutte le edicole e librerie della zona a sole 9,90 euro oppure sul sito www.meligranaeditore.com, è un’ottima guida escursionistica per chi – turista o locale – voglia cimentarsi a conoscere i dintorni di Tropea, da Nicotera sino a Vibo, da Mileto sino a Pizzo. La provincia di Vibo Valentia – come scrive Giuseppe Meligrana nella prefazione del libro – è, come tutta la Calabria, una terra abitata sin dai tempi più antichi; un insieme di luoghi ricchi di storia e leggende; un territorio, geograficamente, vario, frastagliato ma piccolo dove, paradossalmente, il mare e la collina sembrano due mondi a sé; una zona in cui ogni cittadina o paesello, pur così prossimo all’altro, è diverso per origine, tradizioni e abitudini. Costruire un testo in cui fotografare con le parole il territorio vibonese, dando a questo una certa visione d’insieme, non è pertanto una cosa semplice. Il Macrì, dopo l’ottimo Passeggiate tropeane, si cimenta in un’impresa che presenta non poche difficoltà. Le quattro escursioni che il Macrì propone (a piedi, in bici, in vespa, in treno) cercano di unire luoghi vicini e lontani che a prima vista potrebbero sembrare non correlati da alcuna caratteristica comune. Proprio qui sta l’originalità del libro: non delle singole escursioni consigliate – cosa comune a tutte le guide turistiche della zona – ma percorsi esplorativi nati e pensati per essere degli unicum, delle esperienze visive da vivere passo dopo passo, dall’inizio alla fine, per conoscere fino in fondo determinati aspetti storici e folkloristici. Le escursioni, pertanto, dai nomi affascinanti (Le civiltà marino-contadine, Gente di fiumara, Sui passi dei basiliani e dei normanni, Il filo di perle), di primo acchito sembrerebbero fatte solo per gli escursionisti più appassionati ma in realtà, a ben vedere, anche chi non è abituato a fare escursioni può cimentarsi; anche gli stessi locali che, di fatto, non conoscono benissimo la loro zona. Il libro, inoltre, pensato per il turista di stanza nella zona di Tropea che vuole muoversi e conoscere, invita il lettore ad intraprendere dei percorsi molto lunghi, sia in termini di distanza che di tempo, tanto che il consiglio migliore è di passare le notti lungo il tragitto, senza fare ritorno al punto di partenza in modo da non spezzare, fisicamente e mentalmente, l’esperienza esplorativa. Come per Passeggiate tropeane l’autore vuole aiutare il lettore escursionista a cogliere determinate sensazioni e stati d’animo che a volte un paese, una contrada o un panorama non possono trasmettere senza un supporto cartaceo. L’autore, inoltre, inserisce molte notizie storiche ed architettoniche dei principali paesi attraversati sempre nella prospettiva di aiutare il lettore a cogliere maggiormente emozioni e sensazioni positive. L’ottimo lavoro fotografico di Salvatore Libertino arricchisce e completa il volume, dando al lettore che vuole intraprendere le escursioni l’input giusto per muoversi. |
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" Gurnèa " una storia di: nimici, eroi e spirdi Il nuovo libro di Bruno Cimino - Sua Pagina Gurnèa è un rione della città di Tropea. Il nome è sopravvissuto nei secoli nonostante la spessa polvere dell’apatia sociale accumulatasi durante il divenire della storia. Il luogo, oggi, è una ridente periferia con abitazioni private, qualche albergo, strade e giardini di arance e limoni. Nel 1495 era radura selvaggia di fitta boscaglia. I soldati francesi di Carlo VIII, in lotta contro gli Aragonesi per il dominio dell’Italia meridionale, assediarono l’imprendibile Tropea alleata con re Ferdinando II d’Aragona. L’assedio durò diversi giorni sino a quando, teso un tranello, vi fu uno scontro impari e cruento con un drappello di soldati tropeani usciti in avanscoperta dopo essere stati ingannati da una finta ritirata dei Francesi. Quasi tutti i soldati tropeani furono trucidati e i loro corpi giacquero in una gurnèa (che vuol dire pozzanghera) di sangue. Nella prima parte del romanzo "Gurnèa" si inseriscono personaggi realmente vissuti ed altri nati dall’immaginazione dell’autore. La storia narrata, tra fantasia e realtà, è un tentativo per non cancellare l’eroico avvenimento realmente accaduto e conclusosi tragicamente. Nella seconda parte (siamo nel 2095) alcuni personaggi, 'rinati' da quella immane tragedia, rivivono e continuano, in un futuro immaginario, una storia d’amore spezzata a testimonianza che solo i grandi sentimenti possono sconfiggere il tempo e lo spazio. INCIPIT [...] Era il 21 giugno 1495, una domenica con i profumi dell’estate. La natura, orgogliosa di se stessa, esponeva le sue creazioni in una coreografia d’immagini dai mille colori. I fiori, gli alberi, le siepi, i sassi, i ruscelli, il mare recitavano la propria parte e tutt’insieme inneggiavano alla vita. Ma avanzava la morte. [...] [...] Lo aveva pianto tutta la notte ed anche il giorno seguente, fino al tramonto. Ora era lì, fredda e impassibile, davanti ad un corpo inerme che non riconosceva, con lo sguardo che vagava sereno nel vuoto alla ricerca di qualcosa che più non ricordava. [...] [...] Remoti residui di istinti umani mossero la mano di Rossella che accarezzò i riccioli di Damiano. Poi abbassò la testa e lo baciò sulle labbra. Chiuse gli occhi per cercare nella più profonda oscurità un sorriso antico che riaffiorò per un istante e per quell’attimo infinito desiderò che quel giovane immobile si svegliasse. Lo accarezzò ancora con un’espressione irrequieta, e non ricordò più il sorriso dei suoi occhi e la forza delle sue braccia quando la stringeva a sé. [...] [...] Camminava leggera, con lo sguardo fisso verso l’orizzonte, guardava nel nulla. Passato, presente e futuro erano finalmente un’unica realtà temporale, in quel momento solo per lei. Sembrava scivolasse per la strada che conduceva al mare, sorretta da nuvole invisibili che aleggiavano sotto i suoi piedi. Infine scomparve nel buio e si unì alla notte e alle stelle. [...] |
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Giganti - Cammelli di fuoco, ciucci e cavallucci nella tradizione popolare calabrese Il nuovo libro di Franco Vallone Si intitola "Giganti - Cammelli di fuoco, ciucci e cavallucci nella tradizione popolare calabrese" ed è il nuovo libro, appena uscito in libreria, di Franco Vallone. Cento pagine, illustrate con foto in bianco e nero e a colori, che tracciano un percorso storico e antropologico che vede protagonisti i giganti processionali calabresi e i tanti animali da corteo che ballano durante i giorni di festa. Il volume inizia partendo da una presentazione delle due alte figure: "Ti svegliano di prima mattina con i loro tamburi. In principio si fanno solo sentire, da lontano, ti comunicano che sono arrivati e che oggi non è un giorno qualsiasi. Poi lentamente si avvicinano e si fanno anche vedere. Oggi è festa, e loro devono aprire il tempo speciale che solo la festa può dare. Sono i giganti, esseri enormi, fantocci grandi, colorati, simulacri arcani, speciali, proprio come il tempo che rappresentano e simboleggiano. Li senti quindi, li senti arrivare in un crescendo del rullare dei tamburi che li accompagnano con il loro ritmo inconfondibile. Arrivano prorompenti spezzando il silenzio della quotidianità e annunciando la festa. Enormi esseri con l’anima d’uomo, immortali nel loro eterno rituale di corteggiamento, sono i simboli dell’amore. Sono i giganti, antichi re dal viso scuro, e bellissime regine dalla carnagione rosea. Poi il racconto prosegue descrivendo la coppia del gigante e della gigantessa che si prepara ad uscire in pubblico; rullano i tamburi. Le due alte e inquietanti figure danzano e si corteggiano. In un rituale antichissimo tracciano, per le strade del paese, un itinerario magico simbolico. La festa è il loro mondo, il ritmo la loro vita, la strada e la piazza il loro preordinato e ritualizzato movimento. I due giganti fanno parte di un’antica tradizione calabrese. "Jijante, gehante, gehanti, gihanta, giaganti": sono solo alcune delle denominazioni dei giganti nelle diverse aree della Calabria. In alcuni luoghi i due giganti vengono chiamati semplicemente giganti e gigantissa, in altri Mata e Grifone. In un’intervista, all’interno del film documentario "I Gigantari", della regista Ella Pugliese, l’antropologo Luigi M. Lombardi Satriani, spiega fra l’altro che «i giganti in questa forma non hanno un nome specifico perché in genere i giganti processionali che vengono "ballati" durante le feste dei nostri paesi calabresi vengono chiamati ’u giganti e ’a gigantissa, qualche volta ’u re e ’a regina, comunque, qualsiasi nome abbiano, il riferimento è alla coppia che costituisce i fondatori mitici della città. Sono gli antenati e quindi è come se la comunità facesse un passo indietro, risalisse al momento della sua origine, della sua fondazione, in modo che la vita venisse poi ripotenziata, rivivificata da questo richiamo alle origini. (…)». L’antropologo Apollo Lumini, in Studi Calabresi, nel 1840, scrive tra l’altro: «per la festa della Madonna di Agosto, vidi già in Monteleone (l’odierna Vibo Valentia) il Gigante e la Gigantessa, ma non so se qui, come in Sicilia, sia per ricordare il re Ruggero vincitore dei Saraceni. Vidi pure un nuovo genere di fuochi artificiali fuori della città, alla Madonneja, nei quali, pupazzi incendiati, figuravano appunto un combattimento tra cristiani e infedeli. Almeno suppongo fosse così, perché tra le grandi risate che se ne fecero, e l’entusiasmo clamoroso del popolino, non mi curai di appurare le cose». Nel volume ci sono tutti i giganti del vibonese, da quelli di San Leo di Briatico a quelli di Porto Salvo, Dasà, Vena Media, Arzona, Joppolo, Mileto, Papaglionti e Cessaniti e non mancano le esperienze più giovani come quelle di Zungri, Vibo Marina, Briatico, Favelloni, Monterosso, San Costantino e Potenzoni di Briatico, Sciconidoni, San Cono, Sciconi... e poi ci sono gli animali da corteo. In Calabria durante le feste di paese vengono utilizzati diversi tipi di fantocci dalle forme animalesche. Colorati animali in cartapesta, stoffa o cartone, si conservano di anno in anno per essere riutilizzati e portati in processione nelle feste. Poi ci sono i simulacri di animali che a fine festeggiamenti vengono incendiati e quelli preparati in modo da funzionare come macchine sceniche esplodenti capaci di produrre giochi pirotecnici di luci, scintille e rumori assordanti. Alcuni di questi animali accompagnano il ballo dei giganti, altri vengono ballati a fine serata per chiudere la festa. Molto spesso nella nostra regione il ballo dei giganti è accompagnato dal ballo del cameju, del ciucciu o del cavaju. Fantocci di cammelli, cavallucci o asini, ma anche d’elefanti, giraffe e dromedari, simbolici animali grotteschi che nel finale delle feste si esibiscono in un pirotecnico ballo di fuoco purificatore. Il volume, con una prefazione di Rocco Cambareri, è presentato da Giuseppe Braghò e Albert Bagno. |
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Luigi Cotroneo >>====> Sua Pagina |
Scuola Media Drapia >>====> Sua Pagina |
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Le Spiagge della Costa degli Dei e del Poro M.G.E. È la prima guida bilingue (italiano-tedesco) dedicata al litorale vibonese, nata dall’esigenza di informare i turisti sulle diverse tipologie di spiagge libere della costa degli Dei. Il volumetto pubblicato da Meligrana Giuseppe Editore (pag. 85, euro 5,00) di facile consultazione e dal pratico formato, è corredato da foto e da una vista satellitare della zona costiera. La particolare struttura morfologica del litorale, caratterizzato da alte pareti rocciose a picco sul mare, spesso non consente di individuare o raggiungere con facilità un tratto di spiaggia non visibile dalla strada o non indicato dalla segnaletica. Il turista occasionale, il viaggiatore straniero o anche il semplice vacanziere della domenica alla ricerca di una spiaggia tranquilla o poco affollata trova nella guida di Cotroneo l’aiuto giusto per soddisfare le proprie esigenze. Nei quaranta chilometri da Pizzo a Nicotera, l’autore individua e suggerisce ottantacinque spiagge, più o meno conosciute, da raggiungere via terra o via mare. Già autore del pregevole volume "Il Poro e la Costa degli Dei" (Laruffa editore), Luigi Cotroneo, architetto urbanista ma appassionato escursionista nel territorio del Poro, in questa guida descrive le spiagge, informa il lettore sul tragitto più agevole da intraprendere, sui centri ristoro o sui parcheggi e i lidi di cui sono fornite le spiagge. "Ho cercato di essere sintetico", scrive Cotroneo nella presentazione del volume, "dando le informazioni essenziali e necessarie per ogni singola spiaggia citata e, con l’ausilio del supporto fotografico, di fornire anche un’indicazione visiva del posto descritto, così da permettere al lettore di poter effettuare a tavolino una scelta del luogo in base ai propri gusti". Un percorso per mare o per terra che inizia a Nord con la spiaggia di Colamaio e termina a Sud con quella di Marina di Nicotera. Spiagge lunghe, larghe o brevi strisce di terra nascoste da scogli o circondate da una lussureggiante vegetazione, c’è solo da scegliere la più desiderata o quella che incuriosisce di più o magari segnare sulla guida quella già visitata e quella in cui trascorrere la prossima domenica di mare. “La guida”, continua Cotroneo “ è utilissima anche ai natanti che possono esplorare la zona via mare con le loro imbarcazioni e godere del fascino di spiagge e scogliere incontaminate e isolate”. Ogni spiaggia nasconde e custodisce una storia o una leggenda racchiusa nel proprio nome riportato in vernacolo dall’autore. Nomi e soprannomi dati a quelle spiagge nell’antichità e tramandati fino ad oggi: A tonnara, La Pizzuta, Jiri Vasi, U Sapuni, Occhiali, A Vraci, A Seggiola, A Petra Russa, Proserpina, Mari Randi. Solo a nominarle queste spiagge evocano gli Dei. Cristina Marra |
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Francesco Pugliese >>====> Sua Pagina
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Il colibrì Durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano, un colibrì volava in senso contrario con una goccia d'acqua al becco. 'Cosa credi di fare ?' gli disse il leone. 'Vado a spegnere l'incendio !' rispose il piccolo volatile. 'Con una goccia d'acqua ?' disse il leone con un sogghigno di irrisione. Ed il colibrì, proseguendo il volo, rispose: 'Io faccio la mia parte !' |
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Giuseppe Barillaro >>====> Sua Pagina
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Pasquale Vallone - Il medico-scrittore presenta i suoi due affascinanti volumi Pasquale Vallone, medico di Brattirò, studioso, socio fondatore dell’Accademia degli affaticati (promotrice del famoso “Premio Letterario Tropea”) è anche uno scrittore, uno scrittore animato da una sola passione, un unico amore, la sua terra. Un passione che descrive nel migliore dei modi nei suoi due libri, "I Santi Medici Cosma e Damiano a Brattirò" e "Il recupero della memoria, gli usi, i costumi e la lingua del territorio brattiroese", presentanti nella sede dell’associazione culturale “Enotria” di Brattirò. Presenti all’iniziativa anche Pasqualino Pandullo, noto giornalista del Tg3 in qualità di moderatore, il sindaco di Drapia Aurelio Rombolà, don Giuseppe Furchì parroco del paese e Francesca Rombolà, giovane scrittrice e poetessa. |
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Mommo Rombolà >>====> Sua Pagina
IL "VOLO NEL VENTO" di Mommo Rombolà Lo studioso focalizza la sua ricerca su alcune vicissitudini della storia d’Italia Per quante strade un uomo deve camminare prima che lo si chiami un uomo ? Su quanti mari deve volare una colomba bianca prima di poter riposare sulla sabbia ? E quante volte devono fischiare le palle di cannone prima che siano per sempre bandite ? La risposta, amico, volteggia nel vento...". A questa splendida canzone di Bob Dylan si è ispirato, per il titolo del suo romanzo "Volo nel vento", Mommo Rombolà, brattiroese, che ha presentato il suo libro sabato pomeriggio nei locali della ex scuola media a Brattirò. Presenti e seduti al tavolo dei relatori il sindaco di Drapia Alessandro Porcelli, Cosmo Vallone Vicesindaco e assessore al Turismo di Drapia e il preside e professore Lorenzo Meligrana. A aprire l’incontro il sindaco Porcelli che ha ringraziato tutti i presenti per la numerosa partecipazione evidenziando l’importanza di questa presentazione, "la terza manifestazione culturale organizzata nel nostro comune in un mese". A prendere subito dopo la parola il vicesindaco Cosmo Vallone che ha focalizzato l’attenzione sul concetto di tempo filtrato nella memoria, concetto sempre presente nel romanzo di Rombolà, "un tempo – ha spiegato Vallone – caratterizzato da attimi che ricordiamo, che non rivivremo mai e non un tempo che si può ripetere. Un tempo caratterizzato dalla nostalgia, dall’ansia verso la vita che scorre". Dopo aver elogiato l’autore per aver scritto un testo "originale, suggestivo, scorrevole, ricco, grazie anche alla presenza di numerosi termini dialettali", il professor Meligrana ha spiegato con una dettagliata narrazione i contenuti del libro. "Un romanzo "Volo nel vento" – ha sottolineato Meligrana – che narra un lungo periodo di storia, caratterizzato dalle vicissitudini che interessano una famiglia contadina dell’epoca. Un spaccato di storia che parte dall’Unità d’Italia fino ad arrivare alla caduta del Fascismo". La narrazione coinvolge il lettore grazie alle descrizioni del mondo paesano, con i suoi problemi, con il duro lavoro nei campi, con la religione della famiglia tutta stretta attorno al capo. "Nel romanzo – ha continuato – troviamo un’attenta e commovente descrizione dei grandi avvenimenti che sconvolgono la società dell’epoca, dalla Grande guerra, al terremoto, alla descrizione della terribile peste, "la spagnola", vista come punizione divina, alla crisi economico-politica del ’29, fino ad arrivare alla Seconda guerra mondiale e all’avvento e alla caduta del fascismo. In questo libro c’è inoltre la toccante descrizione dell’emigrazione a cui è costretta a ricorrere una marea di disperati, una descrizione toccante della solitudine che li assale e della nostalgia della loro patria”. Un intreccio di personaggi e di vicende che vogliono far capire che in qualunque caso il bene è più forte del male. "La grande intuizione dell’autore - ha spiegato il professor Meligrana - è l’idea che la storia non è fatta da uomini di potere, ma da semplici piccoli uomini che lottano giorno dopo giorno con i problemi della vita". Nell’opera domina infatti un’accorata condanna ad ogni forma di violenza e barberia ma ciò che fa riflettere è che l’uomo di oggi, che dovrebbe essere migliore, proprio in nome di tanta miseria e dolore, non lo è affatto, l’uomo di oggi continua a lacerarsi in mille modi: dalle convenzioni assurde, alla manipolazione delle coscienze, all’esclusivo desiderio di denaro. A concludere e a ringraziare i presenti l’autore Mommo Rombolà che ha voluto spiegare che il vento "non è altro che lo spazio in continuo rinnovamento, uno spazio storico, geografico, che muta con il passare del tempo, i molti personaggi presenti nel libro – ha inoltre sottolineato - sono personaggi non reali, sono solo dei simboli, veri ma solamente nella loro essenza umana". L’autore nella prefazione del romanzo cita un grande poeta latino Terenzio che duemila anni fa scrisse in una commedia una frase "Sono uomo, nulla di tutto ciò che è umano mi è straneo", oggi ribadisce l’autore siamo arrivati al concetto opposto: "Sono disumano, tutto ciò che è umano mi è estraneo." Tania Ruffa 8 settembre 2009 |
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La Sezione dedicata al Prof. Saverio Di Bella è in via di aggiornamento, con tutti i suoi libri e la sue pubblicazioni. |
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